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Alitalia, il fallimento

Quando gli aerei Alitalia volavano

Apprendo ora dall’Ansa che Cai ha ritirato l’offerta per Alitalia. Quindi nessun Airone nascerà dalle ceneri della vecchia compagnia aerea italiana. Non nutro particolare apprensione per una società che nel tempo è stato (mal)governata dalla politica e dai suoi faccendieri, camuffati da manager, che negli anni ha assunto gran parte del personale grazie alle raccomandazioni, che ha elargito denari grazie a contratti fuori mercato e privilegi, che ha uno dei peggiori servizi aerei del pianeta. Per una volta vinca il mercato: tutti a casa. L’Italia non deve più mantenere carrozzoni. Sparisca tutto e chi ha le gambe (o le ali) per rinascere, riprenda il volo e la via del cielo. ∞

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L’ultimo schiaffo Alitalia

Alitalia è in vendita Il cda di Alitalia ha scelto Air France, il governo non ha ancora deciso e i sindacati già protestano. In questi giorni si sta facendo un gran parlare della vendita della compagnia di bandiera che da tempo vive grazie ai soldi pubblici. Nessuno parla del reale problema: ovvero della difficoltà di rimettere sul mercato una società che offre uno dei peggiori servizi aerei di tutto il pianeta, con una (gran) parte del personale di terra e di bordo fortissimo nelle rivendicazioni e scadente dal punto di vista professionale. Per non parlare della dirigenza, di nomina politica e (quasi) mai scelta per meriti. Alitalia è un’azienda che ha un numero di dipendenti che non ha pari tra le compagnie aeree nel mondo. Perché?
Ben venga l’acquirente straniero (Air France), meno manipolabile dalla logiche italiche e con un solido piano societario, piuttosto che il partner di casa nostra (AirOne) che, guarda a caso, piace più alla politica e ai sindacati. Quanto a Malpensa, un aeroporto deve vivere sul traffico aereo reale e non quello indotto da accordi a discapito della libera concorrenza e della logica di impresa.   
Dopo Telecom abbiamo perso Alitalia e con esse l’occasione di avere partner e non nuovi proprietari stranieri. Ma anche qui il discorso sarebbe lungo ed ecco perché la politica non può tirare l’ultimo schiaffo ad Alitalia, pilotandone la vendita. ∞

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Alitalia, senza parole

Check-in Alitalia Aeroporto di Fiumicino, ore 21. Scena: una madre con una bimba di due anni, cinese, piange disperatamente davanti al bancone Alitalia. Non parla l’italiano, non legge la nostra lingua. Insomma, si ritrova al Terminal A (partenze voli nazionali) invece che al Terminal C (partenze internazionali). Chiede aiuto, disperata, perché l’aereo sta partendo, perché da sola non sa trovare la strada. Per tutta risposta, la hostess la invita in italiano a raggiungere il Terminal C. Il problema è che la madre non sa proprio dove si trovi. Passano i minuti e la disperazione cresce. La hostess non si muove. La fila al bancone cresce. In coda, invito la sportellista a chiamare un addetto dell’aeroporto per accompagnarla a destinazione. La risposta della sportellista? “Si faccia gli affari suoi”. Io protesto, protestano gli altri passeggeri ma la tipa ci ignora. Dal bancone Alitalia arriva un’altra notizia per la donna: “Deve acquistare un altro biglietto, il suo aereo è partito”. Il tutto in italiano. La donna non guarda e non capisce… Grazie Alitalia, grazie per la cortesia e la professionalità. Dimenticavo: io ero in fila per chiedere spiegazioni sul fatto che, per l’ennesima volta, il volo per Verona subiva ritardo. La risposta: “E’ solo un’ora…”. A ben pensarci ha ragione la sportellista, potevo rischiare di ricomparmi il biglietto. A quanto ammonta il deficit di Alitalia?

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