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Gaza, la strage degli innocenti

Bambini uccisi a Gaza

Bambini uccisi a Gaza

La tregua è servita a pianificare la vendetta reciproca. Non per costruire la pace. Hamas per rafforzarsi sul terreno della disperazione, Israele per individuare gli obiettivi nemici da annientare con le bombe. Le cronache di guerra che arrivano da Gaza rendono la verità evidente. E ancor più dolorosa.

In mezzo c’è la gente e i bambini, impazzati nel doloroso orrore della guerra: 500 morti in pochi giorni.

Manca un quarto soggetto: la diplomazia, assente quanto colpevole. Inutile, quanto costosa ed indifendibile con i suoi termini vuoti e inconcludente. Da mesi Hamas ed Israele preparavano lo scontro ma nessuno è intervenuto per scongiurare la catastrofe. E nessuno interviene ora per fermare la carneficina di civili palestinesi. Davide contro Golia. A parti inverse.

Da una parte i “terroristi” di Hamas, ma che a Gaza godono dell’appoggio della gente, stanca di decenni di potere corrotto dell’Anp; dall’altra la superpotenza israeliana, che in risposta ai razzi lanciati su Sderot risponde con i bombardamenti e l’invasione. Chi sono i più criminali: i miliziani di Hamas che si annidano tra i civili o coloro che colpiscono decine di bambini e civili inert pur di uccidere il menico? Non ho dubbi. Criminali sono entrambi.

Poveri bimbi di Gaza.

Il terrore di un bambino a Gaza

Il terrore di un bambino a Gaza

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Birmania, la devastazione del cicolone Nargis

E’ di oltre 27 mila morti e 30 mila dispersi il bilancio del ciclone Nargis che nei giorni scorsi ha devastato la Birmania, Myanmar. Si tratta di un bilancio ancora provvisorio, perché le autorità stanno ancora valutando i danni nei villaggi remoti dell’area del delta del fiume Irrawaddy, particolarmente colpita dal ciclone Nargis, includendo Rangoon, la più grande città del Paese del sud-est asiatico. Il bilancio potrebbe aggravarsi anche perché ci sono almeno 30.000 dispersi, secondo quanto ha detto il ministro degli esteri thailandese Noppadol Pattama, riferendo quanto comunicatogli dall’ambasciatore birmano a Bangkok. La giunta ha revocato oggi lo stato di calamità naturale in tre Stati colpiti dal ciclone, mantenendolo invece in sette insediamenti urbani nella regione di Irrawaddy a sud ovest di Rangoon (la ex capitale ribattezzata Yangon dai militari) e 40 insediamenti urbani della regione di Rangoon. Preoccupa inoltre l’imminenza della stagione delle piogge.

Secondo fonti umanitarie, la catastrofe potrebbe rivelarsi un cataclisma più grave dello tsunami che il 26 dicembre 2004 provocò 230.000 morti e oltre 40.000 dispersi in vari Paesi dell’Asia meridionale affacciati all’Oceano Indiano. Nella sola città sud occidentale di Bogalay ci sono stati 10.000 morti e il 95% delle abitazioni sono state distrutte.

La giunta militare, responsabile di una sanguinosa repressione di manifestazioni per la democrazia l’anno scorso, e che mantiene il Paese – uno dei più poveri del mondo – in uno stato di rigido isolamento, ha acconsentito a ricevere aiuti stranieri. Le squadre di soccorso dovranno però negoziare con il governo birmano per accordarsi sul loro ingresso nel Paese, ha detto oggi il ministro della protezione sociale Maung Maung Swe in una conferenza stampa. ∞

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Microsoft e Yahoo, lo yo yo continuerà nonostante la rottura

Microsoft annuncia di rinunciare all’acquisto di Yahoo, il secondo motore di ricerca al mondo e macchina da soldi per la pubblicità on line. Io non ci credo. I tipi di Redmond alla fine porteranno a casa il giocattolo di Jerry Jang e David Filo, ostinati a chiedere 37 dollari per azioni contro i 33 offerti da BigM e i 28,67 dollari della borsa (almeno questo il valore di oggi…). Pochi mesi fa un’altra società dell’It, Bea aveva provato a resistere ad un colosso, Oracle, per poi capitolare. Alla fine anche questo affare si chiuderà, magari con qualche altro socio (Murdoch?), ma si chiuderà. Con buona pace di tutti. ∞

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Il Tibet non è un problema interno

Hu Jintao, il primo ministro cinese, ribadisce che “il Tibet è un problema interno” e che i disordini sono stati organizzati dalla “cricca” del Dalai Lama. Si sbagli, il Tibet è un problema di diritti umani e civili, una questione politica e quindi riguarda tutti. La posizione cinese mi fa orrore. Mi auguro che la comunità internazionale continui a fare pressioni sul governo cinese, soprattutto in vista delle Olimpiadi 2008, su cui grava l’ipotesi di un boicottaggio della cerimonia di apertura. ∞

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Pechino 2008, la fiaccola si spegne a Parigi

Dopo le manifestazioni e gli scontri di ieri a Londra, la fiaccola olimpica è sbarcata ieri a Parigi: la protesta di attivisti per il Tibet e di Reporter senza frontiera hanno più volte bloccato il percorso, costretto gli organizzatori a stravolgere il programma e a fermare la sfilata prima del termine. Una necessità, oltre che una scelta, considerato che il sindaco Bernard Delanoe ha deciso di cancellare ogni cerimonia in onore della fiaccola cinese.

Le bandiere con i cinque cerchi olimpici trasformati in manette, simbolo della protesta attivata da Reporter senza frontiere, ha accompagnato con clamorose apparizioni il passaggio della torcia, sventolando sulla Torre Eiffel, sugli Champs Elysée, sul municipio di Parigi.

Il flop di una marcia trionfale ipotizzata (uno spot pro China lunga oltre 100 mila chilometri, tanto durerà la corsa ad ostacoli della fiaccola) è evidente nei numeri: ciascun tedoforo di turno era protetto a Parigi da un cordone ambulante lungo 200 metri e composto da 65 poliziotti in moto, 100 sui roller e altrettanti vigili del fuoco corridori.

Dopo Parigi, la fiaccola lascerà l’Europa per gli Stati Uniti: San Francisco, mercoledì, e Buenos Aires, venerdì. Nella città californiana, dove vive la terza comunità cinese del Nordamerica, le proteste sono già iniziate: oggi tre attivisti hanno scalato il Golden Gate (le immagini) e hanno appeso ai cavi di sostegno una bandiera del Tibet e due striscioni con su scritto: “One World, One Dream, Free Tibet” (un mondo, un sogno, Tibet libero).

La Cina ha condannato oggi le “vili azioni” dei manifestanti filotibetani di Londra. Da Repubblica.it: Per la prima volta il tg della notte della tv cinese ha brevemente accennato agli incidenti che hanno disturbato il passaggio della fiaccola olimpica, ieri a Londra e oggi a Parigi, nell’edizione delle 22 locali (le 16 italiane) del notiziario della principale rete della tv centrale, Cctv1. In precedenza, l’emittente ha mostrato immagini del passaggio della fiamma a Parigi, con una forte presenza di poliziotti e con l’inviato della Cctv che si rallegrava per “la calorosa accoglienza degli abitanti di Parigi, dei cinesi d’oltremare e degli studenti cinesi”.

Povera democrazia, povera informazione, povera China. ∞

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Pechino 2008, spegnete quella torcia

Nessun politico, nessun rappresentante ufficiale e, forse, nessun sportivo, dovrebbe partecipare alle prossime Olimpiadi di Pechino 2008.

Il Tibet è uno stato sovrano, invaso nel 1949/1950 dalla Cina che da allora ha praticato una sistematica pulizia etnica, favorendo scientemente l’insediamento di centinaia di migliaia di cinesi così da rendere di fatto impossibile una successiva separazione di questo territorio. La Cina ha praticato in questi decenni una sistematica repressione politica, cultura e militare contro una popolazione pacifica: un atto di fatto tollerato dalla comunità internazionale a causa della chiusura di quei territori (ieri) e degli interessi economici (oggi).

Assegnare le Olimpiadi ad un paese che non rispetta i diritti umani è stato un errore, dettato da meri interessi politici ed economici.

Non stupisce che la protesta contro la repressione cinese in Tibet accadano in occasioni importanti, qual è stata ieri a Londra, la tappa del viaggio della fiaccola olimpica. Scontri tra polizia e un piccolo gruppo di manifestanti sono scoppiati fuori dallo stadio di Wembley, da dove la torcia ha iniziato il suo giro per la capitale britannica, imbiancata da una nevicata fuori stagione. Un dimostrante ha cercato di impadronirsi della torcia e di spegnerla con un estintore durante il suo passaggio per le strade a bordo di un tipico bus londinese a due piani. Altri tafferugli nella zona di Trafalgar Square. Almeno 30 persone sono state arrestate. Malgrado l’imponente dispositivo di sicurezza, centinaia di militanti pro-Tibet con cartelli e bandiere hanno atteso il passaggio della fiaccola lungo il percorso. L’ambasciatore cinese, la signora Fu Ying, che doveva portarla per un breve tratto accanto al British Museum, ha fatto da tedoforo a Chinatown, dove c’erano minori rischi di incontrare contestatori.

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Sarkozy punito dagli elettori

Sarkozy sconfitto alle amministrative  La Francia manda un avvertimento al suo presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy che, dal momento della sua elezione, ha guadagnato le prime pagine più per le cronache rosa di cui è stato protagonista, i suoi viaggi e le sue interperanze, che per la sua attività politica. Ieri, il primo turno delle elezioni comunali in Francia ha confermano l’avanzata della sinistra nei confronti dell’Ump che fino all’ultimo ha temuto un crollo che, in effetti, non c’è stato. Secondo un sondaggio Csa, le liste della sinistra e dei verdi avrebbero raccolto il 47,5% dei consensi contro il 40% delle liste di destra. Ma la vita del presidente è ancora lunga. ∞

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La vittoria di Zapatero in Spagna

 Zapatero vince in Spagna

Josè Luis Zapatero e il suo partito Psoe vincono le elezioni in Spagna e ampliano la maggioranza in Parlamento. il voto – preceduto dall’omicidio dell’esponente socialista Isaias Carrasco nei Paesi Baschi – ha confermato la fiducia al primo ministro: a scrutini quasi conclusi i socialisti ottengono il 43,74% dei consensi e 169 seggi contro il 40,13% e i 153 seggi del Partito popolare di Mariano Rajoy. In ogni caso, l’omicidio di Carrasco ha spinto gli elettori verso i due grandi partiti nazionali, dal momento che anche i Popolari hanno aumentato il proprio bacino elettorale e la propria forza parlamentare, mentre in calo risultano il Partito nazionale basco (Pnv), l’estrema sinistra di Izquierda Unida e gli indipendentisti catalani di Erc (queste ultime due forze politiche hanno sostenuto l’esecutivo di Zapatero). Tengono i nazionalisti moderati catalani di Convergenza e Unione. Alta l’affluenza alle urne, attorno al 75%, sui livelli record delle precedenti politiche, che si erano svolte nel marzo 2004 all’indomani delle stragi dei treni di Madrid firmate da Al Qaeda.

La vittoria di Zapatero dimostra come una sinistra possa essere forza di Governo e premiata dagli elettori se ha il coraggio di perseguire sulla via delle riforme verso uno Stato laico moderno, accettando il “rischio” di una censura da parte del Vaticano su questioni attuali (famiglia e la legge sulle coppie di fatto e i matrimoni gay). E la distanza tra Italia e Spagna: un paese in crescita, non solo economica. ∞

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Liechtenstein, la lista dei 400 finisce in procura

La Guardia di finanza hanno acquisito, nell’ambito della cooperazione internazionale prevista dai Paesi che aderiscono all’Ocse, i documenti della cosiddetta «black list» dei contribuenti che avrebbero i conti sulle banche del Liechtenstein e in particolare sulla Lgt. La lista conterebbe circa 400 nominativi alcuni dei quali, però, indicati solo con codici e con altre sigle. In questa prima fase si verificherà l’effettiva rispondenza tra le generalità indicate e il contribuente. I militari hanno inviato l’elenco alla procura di Roma che ha aperto un fascicolo d’inchiesta sulle imposte eventualmente evase sui redditi. In particolare si lavorerà sul «valore aggiunto» e sulla «omessadichiarazione» dei redditi. E noi, comuni contribuenti mortali aspettiamo di conoscere i Pierini delle tasse presi con le mani nel vaso della marmellata. ∞

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La piaga dell’evasione fiscale, dal Liechtenstein la lista dei disonesti

L’evasione paga in Italia Dopo Montecarlo, paradiso fuoriporta dei (non)contribuenti italiani, tocca ora al Liechtenstein. Dal principato è giunto al ministero delle Finanze l’elenco degli italiani con conti a Vaduz. “Sono decine gli italiani che figurano nella lista – ha confermato il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco -. Non solo nomi eccellenti; nella lista ci sono italiani di tutti i tipi”.

Fa sorridere che tutto è nato da un impiegato infedele della Liechtenstein Group Lgt, Heinrich Kieber, la banca di proprietà della famiglia regnante, che tre anni fa ha scambiato con i servizi segreti tedeschi per 4,2 milioni di euro il dischetto per computer sul quale aveva caricato i dati relativi alle transazioni segrete di quasi 1.400 clienti. Secondo la procura tedesca di Bochum ci potrebbe essere infatti anche un secondo informatore. Sempre secondo quanto trapela da fonti vicine all’inchiesta tedesca, oltre alla Lgt spunterebbe anche il nome di una banca svizzera, la Vontobel, che avrebbe fatto confluire nella sua filiale situata nel piccolo paradiso fiscale di importanti movimenti finanziari. Intanto Kieber, che potrebbe diventare bersaglio di personaggi legati alla criminalità organizzata è stato protetto dai servizi segreti tedeschi con una nuova identità.

Dalla Germania, l’informazione è stata diffusa agli altri stati che comparivano nell’elenco. Oltre all’Italia, Francia, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Svezia, Norvegia, Finlandia insieme all’Australia e alla Nuova Zelanda. Una fonte dell’agenzia fiscale britannica ha fatto sapere che anche Londra avrebbe pagato “una gola profonda” 100 mila sterline per ottenere la lista dei depositi di cittadini britannici, circa un centinaio.

Visco ha assicurato che il governo italiano – come quello francese – non ha pagato per le informazioni, precisando che “a differenza di altri Paesi, in Italia non ci sono fondi riservati agli informatori fiscali”. La lista, secondo il ministero sarebbe stata concessa gratuitamente all’Agenzia delle Entrate italiane dalla direzione dell’anmmistrazione fiscale inglese. Ma che problema c’è se l’Italia avesse pagato per la lista che allo Stato – se esisterà la volontà politica – frutterà qualche centinaio di milioni di euro in tasse risarcite.

La vicenda Liechtenstein è diventata pubblica quando in un’inchiesta per evasione fiscale è rimasto coinvolto Klaus Zumwinkel, amministratore delegato di Deutsche Post. In Germania – dove nessuno ha sollevato polemiche per il pagamento dell’informatore fiscale – già 163 persone hanno ammesso di aver commesso illeciti. Secondo la procura di Bochum i rei confessi hanno versato 27,8 milioni di euro di arretrati mentre 72 persone si sono autodenunciate per evitare il carcere.L’evasione rimane in Italia una piaga sociale ed economica. Nessun governo ha avviato un’azione decisa contro gli evasori: negli Stati Uniti un evasore ha la certezza di decine di anni di carcere e l’espulsione dal sistema economico, perché gli sarà impedito di aprire una società o l’accesso alla banche. Il motivo? L’evasione mina il sistema economico del Paese: pagare le tasse significa mettere a repentaglio le entrate dello Stato e quindi il mercato, quanto di più sacro ci sia in un paese a libera concorrenza. Così hanno sconfitto Al Capone e la mafia. In Italia, dove comunque la pressione fiscale resta altissima e i servizi pubblici bassissimi, se evadi sei un modello da imitare. E nessuno ha mai rischiato il carcere. Un esempio? Sportivi, attori, manager ed altri disonesti, una volta pizzicati, hanno risarcito lo Stato per una somma inferiore al totale delle tasse che avrebbero dovuto pagare. Insomma, una farsa. E perché allora pagare le tasse? Non se ne parla e si parte per le gite nel Granducato o alle isole Cayman, ultimo vero paradiso per evasori e criminali. ∞

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Fidel lascia e Cuba guarda al suo futuro

Fidel Castro ai tempi della Sierra Fidel Castro lascia la carica di presidente di Cuba. L’annuncio è dello stesso “lider maximo” che sul sito del Granma, il quotidiano comunista cubano, lascia quello che si può considerare il suo testamento politico. Fidel Castro era al potere dal 1959.
L’uscita di scena di Fidel – dopo mezzo secolo – chiude definitivamente un’epoca e accelera la transizione dell’isola verso un nuovo modello politico ed economico. Da alcuni anni Castro non era più alla guida ne del partito ne di Cuba: il fratello Raul e la nuova dirigenza avevano sostituito un Fidel sempre più ammalato e incapace di incarnare una prospettiva reale per un’isola che da troppo tempo sta pagando gli errori e le conseguenze di una rivoluzione sfumata.
Castro ha la grande responsabilità di non aver saputo dare un’evoluzione democratica alla rivoluzione cubana degli anni ’50, quando – con l’appoggio di tutto il popolo cubano e un manipolo di guerriglieri – aveva destituito il regime totalitario di Fulgencio Batista e cacciato gli Stati Uniti che ne avevano fatto una sorta di protettorato. Lo spirito della rivoluzione cubana e dei suoi miti – da Che Guevara a Camillo Cienfuegos – è stato tradito da Fidel.
Di fronte all’embargo americano – mai contrastato con forza dalla comunità internazionale – Castro ha reagito con la chiusura democratica interna e il patto con l’Unione sovietica in politica estera. Crollato l’impero sovietico, a Castro e a Cuba è rimasta solo la prima opzione. Da anni, il lider maximo e il suo gruppo politico non gode più dell’appoggio popolare: Cuba chiede le riforme e l’apertura verso il mondo, negata ancora oggi anche dall’atteggiamento degli Stati Uniti, decisi a circoscrivere chirurgicamente in Centro e Sud America la via cubana al socialismo e alla democrazia. Per gli Stati Uniti è necessario isolare Fidel e trasformarlo in un dittatore, a costo di affamare un intero popolo. Ancora oggi milioni di cubani soffrono la mancanza di medicine, l’economia langue anche a causa della mancata fornitura di macchinari e scambi commerciali: l’isola vive una situazione irreale e drammatica di isolazionismo rispetto al resto del mondo. E tutto alla faccia del modello democratico che gli Stati Uniti – i guardiani del Terzo Millennio – vorrebbero esportare nel mondo. Chi è stato a Cuba ha toccato con mano la situazione.
Fidel, nel bene e nel male, ha segnato le sorti di Cuba, attraversando per mezzo secolo la storia del mondo alla guida di una piccola isola caraibica. La speranza è che cuba riesca a trovare una propria identità e un futuro libero dai laccioli di una rivoluzione morta da almeno 20 anni e lontano dai tentacoli degli Stati Uniti, ai quali non interessa certo – e la storia del Centro e Sud America lo dimostra – il benessere del popolo. ∞

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Kosovo, l’indipendenza d’argilla

I festeggiamenti dopo la proclamazione di indipendenza Il Kosovo è uno stato indipendente. A 10 anni dalla guerra civile e dalla pulizia etnica decida da Belgrado, la regione più a Sud di quella che fu la confederazione jugoslava, sceglie un futuro indipendente. Paese a maggioranza albanese e mussulmana, il Kosovo ha da sempre guardato ad una propria sovranità. La Ue con gli Stati Uniti si apprestano, o lo hanno già fatto, a riconoscere il nuovo Stato, nonostante la feroce opposizione di Serbia e Russia.Le incognite non mancano. Il Kosovo non ha mai saputo (ne potuto) esprimere una propria classe dirigente credibile e in questi anni di “protettorato” internazionale la situazione è paradossalmente peggiorata. La vera emergenza nazionale si chiama corruzione: nulla si sottrae ad un sistema che vede nel saccheggio delle risorse una prassi consolidata. E questo si accompagna ad un altro fenomeno che rischia di minare la solidità dello stato kosovaro, la criminalità organizzata che da tempo controlla gran parte delle attività economiche lecite ed illecite. Non è un mistero che il Kosovo sia ancora oggi un crocevia di traffici di armi, droga e persone.A questo prassi non si sono sottratti nemmeno i consistenti programmi di aiuti internazionali che dalla metà degli ani ’90 ad oggi hanno consentito alla regione di sopravvivere.Non è un caso che il generale Fabio Mini che, nel 2002 e nel 2003 fu il comandante della Nato in Kosovo abbia espresso giudizi molto duri sulla dirigenza kosovara in una intervista al Corriere della Sera: “Il Kosovo indipendente serve solo ai clan che lo potranno utilizzare per le loro spregiudicate operazioni finanziarie, un ‘porto franco’ che consentirà di farne la base di nuove banche per il denaro dell’Est perché “Montecarlo, Cipro, Madeira non sono più affidabili”.E ombre si allungano anche sul nuovo uomo forte di Pristina, l’ex capo guerrigliero Thaci, che ha vinto le ultime elezioni locali il 9 gennaio scorso, diventando il premier del Kosovo indipendente. Su di lui aleggia l’accusa di essere il mandante di almeno 28 assassinati del partito di Rugova. “Uno che – spiega il generale Mussi nella sua intervista al Corsero, in cui però non cita mai il nome di Thaci -, come molti capi dell’Uck, non ha mai spiegato la fine di un migliaio di rom, serbi e albanesi accusati di collaborazionismo, desaparecidos negli anni del primo dopoguerra”.Pessimismo sul futuro prossimo del Kosovo viene espresso, in una intervista alla Stampa, dal generale americano William Nash, che, nella metà degli anni Novanta, guidò le truppe Usa nei Balcani. “Mosca – dice Nash – farà mancare al Kosovo l’elettricità e il sostegno finanziario a Pristina e si adopererà al fine di impedire l’entrata del nuovo Stato nei consessi internazionali, a cominciare dalle azioni unite”. Nash disegna scenari di grande tensione nell’area dopo la scelta indipendentista della dirigenza kosovara, legati in particolare alla sorte della minoranza serba “rinchiusa” da anni nelle enclave: “I serbi del Kosovo scenderanno nelle strade, vi saranno proteste contro l’indipendenza. Il centro delle protesta sarà Mitrovica, ma non solo. Vi saranno proteste anche a Belgrado. Compito delle forze Nato in Kosovo sarà di prevenire ed evitare che tutto ciò porti a violenze tra la popolazione serba e quella albanese”.Insomma, dopo la sbornia di questi giorni per il Kosovo si annuncia una stagione cruciale per il proprio futuro e per la conferma di una credibilità internazionale, dopo il repentino riconoscimento da parte di gran parte della comunità internazionale. ∞

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Sarkozy e Bruni, un sì in segreto

Sarkozy e Bruni in Egitto (foto Liberation) Il presidente francese Nicolas Sarkozy e Carla Bruni sarebbero già marito e moglie. Dopo la luna di miele (anticipata) in Egitto, la coppia avrebbe celebrato le nozze giovedì 10 gennaio, nel palazzo dell’Eliseo. Lo rivela l’edizione online del quotidiano regionale Est Republicain, sempre bene informato sulle cose dell’Eliseo. Lo scorso 12 ottobre, aannunciò la separazione fra il presidente francese e la moglie Cecilia, fatto effettivamente avvenuto tre giorni dopo. Ora il quotidiano ci riprova con le nozze. A quando l’annuncio di un fiocco rosa o azzurro chessia? Vogliamo davvero perderci una nuova puntata? ∞

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Bin Laden e il figlio pacifista

Osama Bin Laden

Le agenzie di oggi hanno battuto una notizia interessante, quantomeno curiosa: “Omar bin Laden, 26 anni, figlio del leader di Al Qaida, Osama, ha fatto richiesta di un visto per trasferirsi permanentemente nel Cheshire, in Gran Bretagna, dove vuole vivere con sua moglie Jane Felix-Browne, che ha 52 anni, avere un figlio con lei grazie a una madre surrogata, e lavorare come attivista della pace”. I figli sono migliori dei cattivi padri. ∞

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Dakar annullata, vince la paura

Parigi Dakar La Parigi – Dakar è stata annullata. Da tempo le autorità avevano ricevuto segnalazioni su possibili attentati lungo il percorso e così gli organizzatori hanno preferito (giustamente) non rischiare. Dopo i viaggi e l’incontro con altre culture, ora le tensioni internazionali entrano pesantemente anche nello sport. Si può essere più o meno d’accordo con lo spirito della Dakar – chi scrive lo è solo in parte – ma nessuno può negare che lo scontro tra civiltà e religioni ha reso meno bello e vivibile questo nostro mondo. E le responsabilità non sono solo di qualche fanatico. Anzi. ∞

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