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Fini e le differenze inesistenti

Dal salotto buono della trasmissione tv “Porta a Porta”, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, auspica “tolleranza zero” contro i neonazi che a Verona hanno pestato selvaggiamente Nicola Tommasoli, il giovane di Verona dichiarato clinicamente morto dopo quattro giorni di agonia. Rispetto a questo episodio, sempre secondo Fini, sono «molto più gravi» le contestazioni dei giorni scorsi della sinistra radicale contro la Fiera del libro di Torino, durante le quali sono state bruciate alcune bandiere israeliane: “L’aggressione dei naziskin veronesi e la violenza dei centri sociali torinesi sono due fenomeni che non possono essere paragonati».

Mi sembra veramente un azzardo tentare un parallelismo tra due episodi tanto gravi, quanto diversi: entrambi vedono protagonisti degli imbecilli e irresponsabili. Oltre che, nel caso di Verona, dei criminali. Distinguere sull’imbecillità mi sembra un esercizio accademico. E, prima ancora, pericoloso. ∞

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Liechtenstein, la lista dei 400 finisce in procura

La Guardia di finanza hanno acquisito, nell’ambito della cooperazione internazionale prevista dai Paesi che aderiscono all’Ocse, i documenti della cosiddetta «black list» dei contribuenti che avrebbero i conti sulle banche del Liechtenstein e in particolare sulla Lgt. La lista conterebbe circa 400 nominativi alcuni dei quali, però, indicati solo con codici e con altre sigle. In questa prima fase si verificherà l’effettiva rispondenza tra le generalità indicate e il contribuente. I militari hanno inviato l’elenco alla procura di Roma che ha aperto un fascicolo d’inchiesta sulle imposte eventualmente evase sui redditi. In particolare si lavorerà sul «valore aggiunto» e sulla «omessadichiarazione» dei redditi. E noi, comuni contribuenti mortali aspettiamo di conoscere i Pierini delle tasse presi con le mani nel vaso della marmellata. ∞

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Riina jr. a spasso ma Corleone non lo vuole

Riina jr è tornato libero a Corleone Felpa celeste, jeans e piumino bianco griffato – lo stesso che indossava ieri all’uscita dal carcere di Sulmona in Abruzzo – Salvatore Riina, “Salvuccio”, figlio di zu Totò e nipote di Leoluca Bagarella, ha camminato per le strade della “sua” Corleone a testa alta.

Il figlio del boss Riina, scarcerato ieri per decorrenza dei termini, ha trascorso il primo giorno di libertà passeggiando per Corleone insieme ai familiari. Ha retto lo sguardo incredulo di qualche compaesano, salutato con sorrisi e cenni della mano gli amici che non vedeva da sei anni. , da pregiudicato per associazione mafiosa, ha fatto visita alla caserma dei carabinieri dove ha firmare il libro dei vigilati. Qui – riferisce Repubblica – ha voluto conoscere il comandante della compagnia. Unici obblighi imposti al figlio del boss, la dimora a Corleone, il divieto di frequentare pregiudicati e la firma in caserma tre volte alla settimana.

Il sindaco Antonino Iannazzo non esita a definire “scoraggiante” l’episodio: “Saremmo stati ben felice se fosse andato a vivere da un’altra parte”, ammette con rammarico. “La sua presenza in città ci mette in difficoltà. Sarà il test effettivo per capire se Corleone ha maturato gli anticorpi contro Cosa nostra. La città non è quella che lui ha lasciato anni fa. C’è stato un cambiamento profondo ed è maturata la consapevolezza del vantaggio della legalità”. Abbia cura di sé, caro sindaco, perché è un bell’esempio di Sicilia. ∞

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Rifiuti, un processo a Bassolino

Antonio Bassolino con il sindaco Rosa Russo Jervolino La politica sommersa dai rifiuti

Lo scandalo rifiuti avrà un suo primo processo. Il presidente della giunta regionale della Campania, Antonio Bassolino, e con lui altri 27 imputati, è stato rinviato a giudizio per le presunte irregolarità nel ciclo di smaltimento dei rifiuti in Campania fino al dicembre 2005, quando fu rescisso il contratto con la Fibe, azienda Impregilo che se ne occupava dal 1998.. A vario titoli, le persone dovranno rispondere di vari reati: dalla frode in pubbliche forniture, alla truffa ai danni dello Stato, abuso di ufficio, falso e reati ambientali.

L’avvocato di parte civile della Regione Campania, Giuseppe Vitiello, e il curatore speciale, Roberto Fiore, hanno presentato una istanza di 200 pagine per richiedere anche il congelamento dei beni personali dei 28 imputati, compresi conti correnti, libretti bancari e titoli azionari o pignoramenti del quinto dello stipendio, qualora fossero rinviati a giudizio.

Tra gli imputati rinviati a giudizio figurano l’ex vicecommissario all’emergenza rifiuti Raffaele Vanoli, l’ex subcommissario Giulio Facchi, Pier Giorgio Romiti e Paolo Romiti, rispettivamente ex amministratore delegato dell’Impregilo e ex dirigente dell’Impregilo e della Fisia Italimpianti. Al processo compariranno anche le “persone giuridiche” ovvero le società Impregilo, Fibe, Fisia Italia Impianti, Fibe Campania e Gestione Napoli, rinviate a giudizio per illecito amministrativo.
Il processo comincerà il 14 maggio, davanti alla quinta sezione (collegio C) del Tribunale di Napoli.

Bassolino dovrebbe rispondere anche politicamente – con le dimissioni – di un disastro ambientale e amministrativo causato dal fallimento del sistema di raccolta dei rifiuti in Campania. E con lui anche l’attuale sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino. Il sistema – di fatto – è in mano alla criminalità organizzata. Ed è per questo che la maggior parte delle responsabilità vanno ascritte a sindaci, amministratori e funzionari pubblici della Campania i quali – collusi con la camorra – hanno contribuito a consolidare e diffondere il cancro dei rifiuti.

Stupisce – ad esempio – che in nessuna delle Regioni del Sud Italia non ci sia un inceneritore (ora lo chiamano, per “pulirlo”, termovalorizzatore) e che la raccolta differenziata non sia ancora regola in molte aree d’Italia, Stato che ha nel turismo una delle principali voci di entrate e che dovrebbe fare della tutela ambientale una regola generale.

La responsabilità non è solo politica ma anche culturale, come più volte ha sottolineato anche Michele Serra: in Italia la sensibilità ambientale è ancora molto scarsa. Abbandonare i rifiuti in spiaggia o al bordo delle strada, disfarsi degli elettrodomestici o altri ingombri semplicemente abbandonandoli dove capita è ancora oggi una prassi. E a Napoli le immondizie tengono in ostaggio una città. ∞

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Mafia, scadenza termini e Riina jr. è libero

Giuseppe Riina La Cassazione ha disposto la scarcerazione per scadenza dei termini di Giuseppe Riina, figlio di Totò Riina boss di Corleone in regime di 41 bis. Il pregiudicato è già stato scarcerato da Sulmona. Non male come notizia. Eppure il ragazzo non è uno qualunque. ∞

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Liechtenstein, l’ipocrisia della real banca

 La sede della Banca Lgt a Vaduz Lo scandalo dei conti off-shore in Liechtenstein nasce dal dossier ceduto, dietro compenso milionario, da un ex dipendente della banca Lgt alle autorità tedesche. A carico del bancario infedele, che vive ora protetto, il Liechtenstein ha avviato un’indagine chiedendo l’estradizione alla Germania.

Mi sorge naturale un’osservazione. La banca Lgt, come riferisce il sito ufficiale, è controllato dalla case regnante del Principato.Leggete quello che scrive la banca reale: “LGT Group è il maggior gruppo privato di Wealth & Asset Management in Europa, interamente nelle mani di una famiglia di imprenditori. Da oltre settant’anni la Casa regnante del Liechtenstein guida e controlla il gruppo LGT. Orientamento al lungo termine, stabilità e autonomia sono vantaggi dei quali approfittano tutti i nostri clienti…”. Non male, ma non è tutto. Sotto la voce “Investire con la Casa regnante”, il prospetto è ancora più accattivante: “Nella sua qualità di Family Office della Casa regnante, la LGT vanta una pluriennale esperienza nella strutturazione e nella gestione di patrimoni famigliari. A sua disposizione vi sono i medesimi servizi della Casa regnante, inclusa l’opportunità di investire nei medesimi strumenti di investimento. La sintonia di interessi tra clienti, collaboratori e proprietà che ne risulta è unica in tutto il settore bancario”. Complimenti. Già negli scorsi anni il Principato era stato oggetto di critiche perché sui conti  delle banche erano finiti i tesori delle criminalità dell’Est Europa e dei trafficanti colombiani.

E’ possibile che una banca – solitamente tanto attenta a controllare i nostri conti correnti da segnalarci immediatamente un “rosso” di poche centinaia di euro – non si preoccupi sulla provenienza di depositi per milioni di euro da parte di cittadini stranieri? Io non ci credo. E quel che è grave è che una monarchia basi il benessere del proprio Stato su denaro illecito, frutto di evasioni. ∞

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La piaga dell’evasione fiscale, dal Liechtenstein la lista dei disonesti

L’evasione paga in Italia Dopo Montecarlo, paradiso fuoriporta dei (non)contribuenti italiani, tocca ora al Liechtenstein. Dal principato è giunto al ministero delle Finanze l’elenco degli italiani con conti a Vaduz. “Sono decine gli italiani che figurano nella lista – ha confermato il viceministro dell’Economia Vincenzo Visco -. Non solo nomi eccellenti; nella lista ci sono italiani di tutti i tipi”.

Fa sorridere che tutto è nato da un impiegato infedele della Liechtenstein Group Lgt, Heinrich Kieber, la banca di proprietà della famiglia regnante, che tre anni fa ha scambiato con i servizi segreti tedeschi per 4,2 milioni di euro il dischetto per computer sul quale aveva caricato i dati relativi alle transazioni segrete di quasi 1.400 clienti. Secondo la procura tedesca di Bochum ci potrebbe essere infatti anche un secondo informatore. Sempre secondo quanto trapela da fonti vicine all’inchiesta tedesca, oltre alla Lgt spunterebbe anche il nome di una banca svizzera, la Vontobel, che avrebbe fatto confluire nella sua filiale situata nel piccolo paradiso fiscale di importanti movimenti finanziari. Intanto Kieber, che potrebbe diventare bersaglio di personaggi legati alla criminalità organizzata è stato protetto dai servizi segreti tedeschi con una nuova identità.

Dalla Germania, l’informazione è stata diffusa agli altri stati che comparivano nell’elenco. Oltre all’Italia, Francia, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Svezia, Norvegia, Finlandia insieme all’Australia e alla Nuova Zelanda. Una fonte dell’agenzia fiscale britannica ha fatto sapere che anche Londra avrebbe pagato “una gola profonda” 100 mila sterline per ottenere la lista dei depositi di cittadini britannici, circa un centinaio.

Visco ha assicurato che il governo italiano – come quello francese – non ha pagato per le informazioni, precisando che “a differenza di altri Paesi, in Italia non ci sono fondi riservati agli informatori fiscali”. La lista, secondo il ministero sarebbe stata concessa gratuitamente all’Agenzia delle Entrate italiane dalla direzione dell’anmmistrazione fiscale inglese. Ma che problema c’è se l’Italia avesse pagato per la lista che allo Stato – se esisterà la volontà politica – frutterà qualche centinaio di milioni di euro in tasse risarcite.

La vicenda Liechtenstein è diventata pubblica quando in un’inchiesta per evasione fiscale è rimasto coinvolto Klaus Zumwinkel, amministratore delegato di Deutsche Post. In Germania – dove nessuno ha sollevato polemiche per il pagamento dell’informatore fiscale – già 163 persone hanno ammesso di aver commesso illeciti. Secondo la procura di Bochum i rei confessi hanno versato 27,8 milioni di euro di arretrati mentre 72 persone si sono autodenunciate per evitare il carcere.L’evasione rimane in Italia una piaga sociale ed economica. Nessun governo ha avviato un’azione decisa contro gli evasori: negli Stati Uniti un evasore ha la certezza di decine di anni di carcere e l’espulsione dal sistema economico, perché gli sarà impedito di aprire una società o l’accesso alla banche. Il motivo? L’evasione mina il sistema economico del Paese: pagare le tasse significa mettere a repentaglio le entrate dello Stato e quindi il mercato, quanto di più sacro ci sia in un paese a libera concorrenza. Così hanno sconfitto Al Capone e la mafia. In Italia, dove comunque la pressione fiscale resta altissima e i servizi pubblici bassissimi, se evadi sei un modello da imitare. E nessuno ha mai rischiato il carcere. Un esempio? Sportivi, attori, manager ed altri disonesti, una volta pizzicati, hanno risarcito lo Stato per una somma inferiore al totale delle tasse che avrebbero dovuto pagare. Insomma, una farsa. E perché allora pagare le tasse? Non se ne parla e si parte per le gite nel Granducato o alle isole Cayman, ultimo vero paradiso per evasori e criminali. ∞

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Fratellini di Gravina, la verità dagli esami sui corpi

Il recupero dei corpi

La conferma è arrivata: i due corpi i scoperti casualmente dentro una cisterna di Gravina, a poca distanza dalla loro casa di Gravina, appartengono a Ciccio e Torre, i due fratellini scomparsi nel giugno 2006. I due bambini, Francesco e Salvatore, non sono morti subito dopo la caduta, ma hanno subito una lenta e atroce agonia. Sono morti di fame e freddo. I loro corpi sono mummificati («i resti, incartapecoriti, erano così leggeri che si potevano spostare con una sola mano» ha detto il questore di Bari, Vincenzo Maria Speranza.), sulle loro teste (ridotte a scheletri e ricoperte da muffe) non sono state trovate «grosse lesività evidenti». Impossibile al momento dire se i due ragazzini abbiano fratture agli arti inferiori (compatibili cioè con la caduta).

Saranno gli esami sui corpi a stabilire le cause della caduta nel pozzo (buttati o scivolati accidentalmente) e la presenza di percosse o segni di violenza. Per ora si ragiona sul filo delle ipotesi. Dalle analisi dipende il destino del padre, Filippo Pappalardi, arrestato lo scorso novembre per omicidio e occultamento di cadavere. Contro l’autotrasportatore di 41 anni non ci sono prove schiaccianti ma una serie di indizi: un telefonino lasciato spento mentre, la sera della scomparsa, dice di essere stato alla ricerca dei suoi figli; un baby-testimone che l’accusa di averlo visto portare via in auto i bambini; alcune frasi pronunciate in dialetto gravinese strettissimo, intercettate dalla polizia in casa e in auto, e interpretate come a carico dell’indagato.

Di certo non mancheranno le polemiche su come si sono svolte l’ìnchiesta e le ricerce. L’orrore suscitato dalla vicenda nasce anche dalla consapevolezza della “morte lenta” di Ciccio e Tore: i fratellini di Gravina – forse – avrebbero potuto essere salvati se fossero stati cercati nella cisterna. Ciccio e Tore, segnalati anche in Romania, erano in realtà in un pozzo a poca distanza dalla loro casa. ∞

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Ultrà e calcio, 20 arresti a Roma

Gli scontri dopo la morte di Sandri, tifoso laziale A leggere le accuse – associazione per delinquere, devastazione, lesioni, porto di oggetti atti ad offendere – tutto sembrano fuorché tifosi. Eppure, loro, tali si definiscono. A Roma oggi sono finiti in galera 20 ultrà di estrema destra (alcuni vicini a Forza Nuova), in prevalenza laziali, accusati di diversi episodi di violenza politica avvenuti nella capitale. A cominciare dagli scontri dell’11 novembre scorso dopo l’uccisione del tifoso laziale Gabriele Sandri, per cui è scattata anche l’aggravante del terrorismo; alla rissa provocata a Villa Ada, nel corso di un concerto del gruppo di sinistra della Banda Bassotti, quando una ventina di persone a volto coperto ed armati di bastone fecero irruzione durante l’esibizione ferendo due persone. Spedizioni punitive contro tifoserie ostili, aggressioni di extracomunitari, l’attacco ad un centro rom, la progettata partecipazione agli incidenti campani per l’emergenza rifiuti, le irruzioni nei centri sociali frequentati da giovani di sinistra.

La maggior parte degli arrestati sono pregiudicati e gran parte di loro avevano già subito il Daspo, il provvedimento che vieta l’ingresso negli stadi. La speranza è che a questi gli stadi siano vietati per sempre e che paghino i danni causati durante i disordini. Il calcio è sport, la violenza è un’altra cosa. Così pure la memoria di un ragazzo morto in autostrada. ∞

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Mafia, sequestrati i beni di Provenzano e Lo Piccolo

I boss Provenzano e Lo Piccololo-piccolo.jpeg Beni per circa 150 milioni di euro sono stati sequestrati a un prestanome dei boss Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Gli agenti della questura di Palermo hanno apposto i sigilli a centinaia di immobili in provincia di Trapani e di Palermo intestati o riconducibili ad Andrea Impastato, 60 anni, arrestato nel 2002 per mafia e ritenuto un prestanome dei due boss.

Il patrimonio sequestrato comprende aziende operanti nell’edilizia e nell’estrazione di materiale da cava, complessi industriali, capannoni, terreni, beni mobili, conti correnti, depositi e titoli per un valore complessivo di un milione e mezzo di euro, e un complesso turistico-residenziale a San Vito Lo Capo, costituito da numerosi appartamenti e alcune villette. I provvedimenti di sequestro sono stati disposti dai giudici del tribunale di Palermo che hanno accolto la richiesta del procuratore aggiunto Roberto Scarpinato e del pm Gaetano Guardì, che hanno coordinato l’inchiesta.

Una bella notizia per tutti e una notizia che dà speranza ai molti che in Sicilia contrastano la mafia. ∞

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L’Italia del Malaffare, la denuncia della Corte dei Conti

Un’immagine della Corte dei Conti “Nel sottore dei lavori pubblici, delle forniture e nella Sanità esiste un quadro di corruzione ampliamente diffusa”. L’affermazione è del procuratore generale della Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, nel suo discorso in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario.
Tangentopoli, Mani Pulite, Prima Repubblica: le sigle passano ma gli italiani, con la loro cultura, restano. E ci lamentiamo dei nostri politici: è la cultura italiana, il senso civico del nostro paese che soffre di un male incurabile… ∞

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Sanità in Calabria, nemmeno Cetto avrebbe fatto meglio

Gli arresti della scorsa settimana in Calabria per lo scandalo sanità mi hanno fatto ricordare un personaggio comico: Cetto La Qualunque. Ancora una volta, Antonio Albanese ha avuto ragione con i suoi personaggi.
Albanese, da comico serio, ha girato l’Italia in lungo e in largo per avere un’idea del politico medio e un po’ maneggione. Così è nato Cetto La Qualunque.
Cetto la Qualunque però si è materializzato in carne e ossa (e manette) nel consigliere regionale Domenico Crea, arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Onorata Sanità”, filone d’indagine sull’omicidio di Francesco Fortugno, il vicepresidente del consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri nell’ottobre del 2005.
Fra gli arrestati figurano elementi organici alla cosca del boss Giuseppe “Tiradritto” Morabito. Il provvedimento ha colpito anche Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, due degli imputati – come mandanti – per l’uccisione di Fortugno.
Perché Crea assomiglia e La Qualunque? Domenica Crea aveva comprato in contanti per oltre un miliardo di lire e qualche anno fa la clinica privata Anya di Melito Porto Salvo, l’aveva intestata alla moglie e il figlio Antonio Crea, 29 anni, medico, era diventato direttore sanitario della clinica, ora sotto sequestro.
Volete conoscere gli orrori della clinica privata? Leggete le intercettazioni… Per fortuna esistono e si possono ancora pubblicare. Sono la nostra unica difesa contro una classe politica corrotta e con la pretesa dell’immunità. ∞

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Rifiuti, un’Italia da vergogna

Napoli invasa dai rifiuti La vicenda di Napoli sommersa dai rifiuti e senza discariche dove smaltire l’immondizia impone una riflessione. Non è accettabile che una città e una Regione che contano milioni di persone non abbia un piano per la raccolta dei rifiuti, che preveda la differenziazione dei materiali e lo smaltimento secondo quelli che sono gli standard imposti dalla legge. Non si può parlare di emergenza per una situazione che dura oramai da dieci anni, con le discariche più o meno abusive e l’intero sistema in mano alla criminalità organizzata. La responsabilità è degli amministratori locali che hanno tollerato (se non condiviso) l’illegalità e dei politici che non hanno saputo trovare gli strumenti necessari per affrontare il problema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Amministratori e politici colpevoli che se ne dovrebbero andare, dimettersi dai propri incarichi.

Ma non si può nemmeno accettare il rifiuto opposto dalle altre Regioni italiane ad accogliere le immondizie di Napoli. L’egoismo non è un segno di civiltà. Certo, chiedere di accogliere i rifiuti altrui senza un piano preciso, in grado di dare garanzie affinché la situazione non si ripeta in futuro, è una ragione che può giustificare l’opposizione di molte Regioni, soprattutto del Nord. Ma solo in parte. Il senso civico impone una risposta positiva, così come le stesse Regioni avrebbero dovuto chiedere in cambio al Governo e ai politici partenopei garanzie e misure concrete. L’esercito non può essere la soluzione definitiva. Il no di molti Governatori sembra più improntato all’opportunismo, determinato dalla volontà ferma di evitare una scelta difficile ma responsabile, suscettibile di contestazioni locali. Insomma a vincere è ancora la politica miope che guarda più al consenso a breve periodo che alla responsabilità civile.

Ecco perché la situazione di Napoli e dei suoi rifiuti rappresenta una vergogna nazionale: da una parte una Regione che non sa gestire il proprio territorio e una popolazione poco sensibile alla salvaguardia ambientale, dall’altra una nazione in preda ormai ad un localismo improntato all’egoismo. Davvero una brutta Italia. 

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Contrada e la grazia express

Bruno Contrada Bruno Contrada è – a detta dei giudici – un alto funzionario dello Stato che ha tradito per accordarsi con la mafia e per questo condannato a 10 anni di carcere. Lo provano le sentenze e, prima ancora, le prove raccolte contro di lui. Contrada si è sempre dichiarato innocente e il verdetto non ha mancato di far discutere. E’ di queste ore la decisione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di sollecitare un’istruttoria sul caso: un invito raccolto dal Guardasigilli Clemente Mastella il quale – davanti ai microfoni di tv e radio, guarda a caso – ha già espresso il parere secondo cui “la grazia è un atto dovuto, visto anche l’allarme destato dalle condizioni di salute”. Mastella auspica tempi brevi, molto meno dei sei mesi necessari per l’attivazione della procedura di grazia. Unica voce contraria Rita Borsellino, sorella del giudice Paolo ucciso nel 1992 dalla mafia, la quale ha definito “grave” la decisione di un’eventuale grazia a Contrada: “Altri servitori dello Stato sono morti nell’adempimento del loro dovere”.   Il vero allarme in Italia – forse è bene ricordarlo al ministro – è la grande criminalità che nel nostro paese controlla ormai almeno quattro regioni abitate da oltre 15 milioni di persone. E durante un’emergenza vera non si fanno sconti, soprattutto con chi ha cercato accordi o aderenze con il nemico. Se Contrada ha fatto ciò per cui è stato condannato non merita la grazia, a meno che qualcuno sia per l’ennesima volta in disaccordo con i giudici e veda nella grazia una sorta di risoluzione per una condanna eccessiva. Ma allora lo si dica chiaramente. ∞

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GdF, qualche domanda Speciale

Il generale Roberto Speciale

Ho letto che il generale Roberto Speciale era stato rimosso da comandante generale della Guardia di Finanza e non ne ero rimasto stupito.
Ho letto che lo stesso ufficiale avrebbe usato l’areo di Stato per sé, famiglia e codazzo e anche questa volta non mi ero stupito.
Ho letto che il Tar del Lazio ha accolto il suo ricorso ed ha annullato il decreto della sua rimozione e ne sono rimasto stupito.
Dopo anni, mi ronzano ancora in testa le domande che mi facevo – da cronista di giudiziaria – a cavallo del Secondo Millennio sul generale Speciale, allora comandante in Lombardia.

Nell’ordine:

1. Era vero che una parte della procura di Milano aveva messo, a malincuore, di indagare con la GdF e in particolare i pm titolari delle inchieste su Silvio Berlusconi?

2. Era vero che una parte dei finanzieri non riferiva al suo comando lo stato di avanzamente di talune inchieste?

3. Perché ci furono fughe di notizie e imbeccate sempre verso lo stesso giornalista e lo stesso Giornale?

4. Perché una serie di ufficiali furono trasferiti senza colpo ferire? Nessun quotidiano o media si occupò della vicenda…

5. Perché in quegli anni la Gdf rallentò le indagini sull’evasione fiscale?

6. Perché un generale accusato di aver usato l’aereo di Stato (e non solo quello) a scopi personali ha ancora l’ardire di chiedere il reintegro a comandante della Guardia di Finanza? In nessun Stato o esercito al mondo sarebbe tollerato questo e il principio della presunta innocenza – almeno per un militare – avrebbe ceduto il posto all’onore.

7. Perché Silvio Berlusconi e il Centrodestra lo difendono ancora?

8. Perché io mi chiedo queste cose e continuo a stupirmi?

Io spero che l’Unione rinsavisca e trovi ordine nella sua testa, scrivendo finalmente un atto inattaccabile e liberi la Guardia di Finanza da domande Speciale. ∞

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