Archivi del mese: ottobre 2007

Myanmar, i monaci tornano in piazza

Torna la protesta in Myanmar La voglia di libertà non si spegne in Myanmar. Nell’ex Birmania, i monaci buddisti sono tornati in piazza per la prima volta dalle proteste di agosto e dalla repressione del regime militare. Secondo le agenzie di stampa e la Bbc, che stamattina hanno lanciato le prime notizie, qualche centinaio di bonzi in saio rosso hanno marciato nel centro di Pakkoku, città nel centro del Paese, pregando e cantando. “Ci sono circa 200 monaci che stamani hanno marciato pregando. Hanno percorso la Pauk Road”, ha raccontato un testimone alla Reuters. I monaci hanno marciato per poco meno di un’ora, recitando preghiere e canti, senza scandire slogan ostili al regime. Conclusa la manifestazione, senza incidenti, i religiosi sono ritornati ai loro monasteri. Ancora oggi sono centinaia le persone, in maggioranza monaci, recluse dopo gli arresti che seguirono le proteste di fine agosto. A promuoverle oggi come allora sono i monaci buddisti che reclamano migliori condizioni di vita e maggiore libertà. La protesta di agosto è stata spenta con la repressione della giunta militari, da oltre 20 anni al potere, anche grazie al mancato appoggio della popolazione (evidentemente terrorizzata) alle manifestazioni di piazza. ∞

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Genova G8, una verità in ostaggio

Forze dell’ordine schierateBlack block in azione a Genova L’ennesima scazzottata politica nell’Unione (ormai più di nome che di fatto) fa saltare la commissione di inchiesta sui fatti del G8 di Genova nel 2001. Contro la proposta della maggioranza hanno votato Mastella e Di Pietro con il relativi rappresentanti dei gruppuscoli Udeur e Idv. Assenti i socialisti. E così il voto alla Commissione affari costituzionali della Camera è finito in parità, 22 a 22: risultato sufficiente a negare al relatore il mandato di riferire favorevolmente in aula sull’istituzione della commissione d’inchiesta, proposta per accertare eventuali responsabilità istituzionali nei fatti di Genova. In altre parole, la commissione avrebbe dovuto fare luce sulla gestione dell’ordine pubblico durante il G8 del luglio 2001. Orbene, mi pare che la cronaca di quei giorni abbia regalato alla storia alcuni fatti incontrovertibili: la morte di un ragazzo, le devastazioni compiute da gruppi di pseudomanifestanti (meglio chiamarli delinquenti) e le brutalità da parte delle forze dell’ordine contro centinaia di dimostranti pacifici. Si vuole fare luce sulle responsabilità? Bene, la si faccia fino in fondo senza fini politici. Personalmente credo che chi ha fasciato vetrine, bruciato macchine e devastato una città debba andare in galera e risarcire i danni fino all’ultimo euro, così come chi ha ordinato con piglio fascista le cariche contro centinaia di persone pacifiche (famiglie, associazioni cattoliche e laiche, e cittadini perbene) o l’assalto notturno al manganello nelle due scuole/dormitorio debba essere cacciato dalle forze di polizia e andare pure lui nelle patrie galere. Da sei anni assistiamo al disonesto balletto della politica italiana che tenta di utilizzare le commissioni d’inchiesta per una verità a metà, di parte: una certa sinistra pro piazza, la destra pro polizia. Il tutto per difendere il proprio bacino elettorale. E’ questa l’immaturità culturale dell’Italia: un paese che da oltre 60 anni e altrettante commissioni d’inchiesta non ha mai saputo ne voluto arrivare alla verità. Dalle stragi al G8 di Genova, dalla mafia agli scandali economici. W l’Italia. ∞

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Google e Skype, la mani sui telefonini

Il nuovo cellulare “3 Skypephone” Dopo Apple, altri due “esterni” si affacciano al mondo della telefonia mobile: Google e Skype. Con i piedi ben piantati dentro Internet, di cui è il vero padrone, Google guarda al ricco mercato dei telefonini, proponendo nuovi servizi. Il colosso dei motori di ricerca mira a integrare sui cellulari, in modo semplificato, una serie di servizi tradizionali per il web come le cartine geografiche, le mail e gli ormai immancabili filmati di YouTube. L’annuncio arriva dal Wall Street Journal che fissa la data dell’annuncio della nuova strategia: entro due settimane. E’ di queste ore, invece, l’annuncio di un’iniziativa comune tra Skype e Logitech per migliorare la videochiamata: una nuova webcam con lenti di alta qualità, capace di tenere la posizione dell’utente al centro dello schermo, bilanciamento automatico della luminosità e del rumore. Insomma, il massimo da offrire ad un utenza che non è più solo consumer ma soprattutto business (30 per cento del traffico Skype). Questo dopo che la stessa Skype ha annunciato il lancio del primo cellulare “voice over Ip”: arriverà in quattro paesi d’Europa, Italia compresa. Il dispositivo si chiamerà “3 Skypephone” (Skype e l’operatore 3): chiamate gratuite tra tutti gli utenti Skype, e la possibilità di chattare tra i 256 milioni di utenti Skype registrati. Ne vedremo delle belle… ∞

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Mr. “Lunga Coda” a Milano

Chris AndersonLa teoria della Lunga Coda Mercoledì, 14 novembre 2007, cancellate tutti gli impegni del tardo pomeriggio. A Milano, presso l’Hotel Four Seasons, dalle 17.15 alle 19.45, è in programma l’incontro con Chris Anderson, autore del libro “The long Tail” (la lunga coda), teoria destinata a segnare il futuro di qualsiasi studio o ricerca su Internet e la grande Rete. Inoltre, Anderson è direttore di Wired, rivista considerata la “bibbia della generazione digitale”: definizioni che non mi piace molto, ma che rende bene il senso. Ad introdurre il tema della serata “Why the Future of Business is Selling Less of More” (Come e perchè la somma dei mercati di nicchia potrà superare il volume dei prodotti di massa), sarà Giampaolo Fabris, altro personaggio che val sempre la pena di ascoltare: docente universitario (è stato il mio professore di Tecnica e teoria della comunicazione di massa all’Università di Trento) e ottimo professionista sempre nel campo della comunicazione. Per prenotarsi clicccate qui. ∞

Ps: se non trovo posto, quel giorno mi offro come cameriere in prova all’Hotel Four Seasons..

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Il popolo degli invisibili

Bambini di strada Li chiamano gli “invisibili” oppure, come in India e Nepal, gli “intoccabili”. Sono il popolo che non esiste: milioni di persone che vivono una vita di stenti e non hanno cittadinanza, semplicemente perché non sono registrati. Se nascono, nessuno li conta, se muoiono non lasciano traccia. Esseri umani invisibili. Sono come ombre nel grande gioco della statistica mondiale. Eppure sono milioni, dall’Asia all’Africa, al Sud America. Sono il popolo delle favelas brasiliane o delle baraccopoli indiane e africane, ma anche delle tribù indigene sparse nelle foreste di mezzo mondo. Di loro si occupa la rivista “The Lancet” nel numero speciale “Who Counts?” (Chi conta?), che è stato presentato oggi a Pechino per lanciare una campagna per esaminare lo stato del paese e certificare gli sforzi affinché nascita, morte e causa di morte di ognuno sia certificata. Il fenomeno riguarda oltre 48 milioni di bimbi: un dato abbozzato, calcolato a spanne. Addirittura nei paesi più poveri 3 nascite su 4 non vengono mai registrate e questo riguarda il 40% nel mondo. “Meno di un terzo della popolazione mondiale – denuncia il direttore di Lancet, Richard Horton – è coperto da dati accurati su nascite e morti. Questo scandalo dell’invisibilità significa che milioni di esseri umani nascono e muoiono senza lasciare traccia della propria esistenza, oltre tre quarti dei quali in Africa sub-sahariana e Sud-Est asiatico”. Gli invisibili sono il serbatoio principale per il traffico di organi umani: il bambino di strada di Nairobi o San Paolo, abbandonato dai genitori e destinato a vivere in strada, può sparire ed essere fatto a pezzi (perché questo succede) senza che qualcuno ne denunci la scomparsa. Molti bambini invisibili finiscono nelle mani di organizzazioni criminali che fanno delle adozioni internazionali un business milioniario, con la complicità delle famiglie occidentali che pur di portarsi a casa il nuovo figlio non chiedono molte spiegazioni sulla provenienza dei piccoli. La casistica conta un’infinità di esempi aberranti: una vera e propria galleria degli orrori umani. “Se nei paesi sviluppati il 100% delle nascite è registrato di routine – riferisce all’Ansa Carla AbouZahr dell’Health Metrics Network dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – in quelli in via di sviluppo ben il 40% non lo è, ovvero oltre 48 milioni di bimbi e nei paesi più poveri 3 nascite su 4 non vengono mai registrate; in Africa sub-sahariana un bimbo su due; in Sud-Est asiatico 2 su 3. E la situazione è peggio per i decessi. Globalmente solo un terzo dei paesi ha buoni dati su decessi e loro cause. Meno del 10% dei decessi in Africa è registrato”. Ben 68 paesi, denuncia Prasanta Mahapatra, Institute of Health Systems di Hyderabad in India, tra cui molti Africani, la Corea del Nord, Andorra, Timor Est, non inviano all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) neanche un dato sulle cause di morte dei propri cittadini. Invece, registrando e monitorando nel tempo le cause di decesso, si può fare tanto in termini di prevenzione. In India il monitoraggio accurato delle nascite ha permesso di smascherare l’odiosa pratica degli aborti dei feti di sesso femminile”. C’è tutto da fare e costruire: ancora oggi non esiste nessuna agenzia delle Nazioni Unite con la responsabilità di registrare nascite e decessi. L’attenzione dei Grandi è rivolta altrove e pochi contrastano forme di sfruttamento e di degrado sociale. Tre anni fa ho lavorato ad un documentario sugli “intoccabili” in Nepal, ovvero coloro che sono fuori dalle caste, gli ultimi degli ultimi, e che la gente non sfiora nemmeno perché impuri. Se uno di loro tocca un bicchiere di latte o un contenitore, è d’obbligo buttare il contenuto. “Maheela” (Donna) era il titolo del documentario. E’ stata una delle esperienze più forti della mia vita. ∞

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La coscienza del Vaticano

Benedetto XVI Un’altra tagliola alla libertà è stata stesa dal sommo Pontefice, Papa Benedetto XVI, il quale si appella all’obiezione di coscienza per restingere le libertà altrui. Questa volta il grimaldello della libera coscienza viene brandito a proposito di farmacisti. “L’obiezione di coscienza dei farmacisti è un diritto riconosciuto quando si tratta di fornire medicine che abbiano scopi chiaramente immorali, come per esempio l’aborto e l’eutanasia”, pontifica il Pastore venuto dalla Germania ai membri della Federazione internazionale dei farmacisti cattolici. Il Papa non pronuncia il nome della pillola abortiva o l’eutanasia, ma il riferimento sembra esplicito. Libertà per libertà: i farmacisti osservanti abbiano la cortesia di affiggere fuori dal loro pubblico esercizio le parole di Benedetto XVI. Almeno noi, pazienti laici, saremo liberi di sceglierci un’altra farmacia. ∞

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Cocaina, questione di naso

Cocaina, il consumo sale Hai il naso bruciato dalla cocaina? Mettiti in lista d’attesa. Per rifarti i canali di aspirazione devi aspettare cinque mesi in una clinica privata e un anno e mezzo in un ospedale pubblico. Nel secondo caso, la segnalazione alla polizia è quasi automatica. Il dato arriva dal Congresso di Federserd, la federazione degli operatori pubblici delle dipendenze, in corso a Sorrento che ha trovato il modo di farsi pubblicità con una notizia curiosa che farà il giro di tutti i media e che logicamente non si occuperanno delle altre questioni del consesso. Non mi va di giudicare di chi decide liberamente di fulminarsi cervello e vie respiratorie con la polverina magica. A preoccuparmi sono le liste di attesa degli ospedali, già lunghe per chi ha davvero problemi sanitari seri. La speranza è che a pagare il conto non siano i malati veri, già costretti a penose attese per una sanità pubblica inadeguata. ∞

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Cortina e il referendum impossibile

Cortina vuole l’Alto Adige Dopo Lamon ed Asiago, anche Cortina d’Ampezzo chiede di lasciare il Veneto. I primi due comuni veneti hanno votato il passaggio con il Trentino, il terzo, la perla delle Dolomiti aspira invece all’annessione con l’alto Adige. Affinità culturali ladine, spiegano i promotori. O la consapevolezza della scelta di un soggetto più forte, in termini di autonomia e sistema turistico territoriale. Per la verità con Cortina, altri due comuni veneti – Livinallongo e Colle Santa Lucia – hanno votato il referendum “secessionista” per il passaggio all’Alto Adige, provincia a statuto speciale. Secondo le ultime proiezioni, a Cortina i sì hanno superato l’80%, ma in tutti e tre i comuni il “si” ha raggiunto il quorum. La vittoria non sfuggirà al comitato promotore. L’unico dato definitivo, per ora, è quello di Livinallongo, con 824 favorevoli su 965 schede totali. A gioire è anche l’Unione Ladina, che vede così avvicinarsi il sogno (utopia) di una regione unica e di un’unità politica: i ladini sono ora divisi tra Alto Adige, Trentino e Veneto. Mentre il Trentino ha accolto le richieste dei cugini veneti con un certo distacco, forse con un pizzico di imbarazzo, l’Alto Adige, per bocca del suo Obman Luis Durnwalder non ha chiuso la porta. Anzi. “Se riusciranno a risolvere i loro problemi – ha spiegato il governatore e comandante altoatesino – noi li accoglieremo a braccia aperte”. Facile immaginare la reazione dell’altro governatore, quel Giancarlo Galan, tessera forzista ma carattere leghista, che ha più volte attaccato i privilegi delle ricche province autonomiste e ha minacciato il ricorso alla Corte Costituzionale pur di bloccare la diaspora dei comuni di confine. Questa volta la posta in palio è più alta: Comuni come Lamon, comune del feltrino noto per i suoi fagioli, e, in parte, Asiago non hanno alcun interesse strategico, Cortina significa per il Veneto il turismo di montagna. Cortina, con Venezia, sono i due biglietti da visita del Veneto nel mondo, le località più famose. Difficile pensare che Galan accetti di buon grado di perdere uno dei due motori turistici del Veneto. Cortina, in ogni caso, pare intenzionato ad andare avanti per la sua strada che in quanto a difficoltà (per ritornare alle parole di Durnwalder) è più ripida e impegnativa dei tornanti del passo dello Stelvio. I soldi e l’autonomia pressoché totale rispetto a Roma sono una prospettiva più che sufficiente. Se non altro, ora la Regione Veneto sarà costretta a “prestare maggiore attenzione” alle richieste di Cortina, che ha una gran voglia di infrastrutture per un’operazione di lifting turistico. Un solo esempio: Cortina è candidata ad ospitare i Mondiali di sci del 2013. Ebbene, per la candidatura è necessario un fondo di almeno 1 milione di euro, a cui la Regione Veneto ha contribuito con soli 2 mila euro. Un’inezia. Tutto il resto è affidato alle capacità di found raising degli ampezzani, i quali possono contare sui facoltosi ospiti della località. Con l’Alto Adige la situazione sarebbe stata ben diversa e la copertura pubblica avrebbe raggiunto agevolmente il 70 – 80 per cento. Per non parlare dei finanziamenti garantiti ad albergatori, strade, parchi e impianti di risalita. Insomma, una manna per chi, come gli ampezzani, hanno vissuto fino ad oggi degli spiccioli elargiti dalla Regione o dallo Stato. E che la questione sia soprattutto finanziaria ne è convinto anche lo scrittore Mario Rigoni Stern, contrario al passaggio di Asiago al Trentino. Vil denaro a parte ed escludendo la questione etnica, la ragione rimane tutta economica e la questione politica. Il Veneto lamenterà l’attacco ai confini regionali, cercando di rilanciare la richiesta di maggiore autonomia e di riequilibrio dei privilegi dei cugini (probabilmente poco amati, sicuramente invidiati) trentini e sudtirolesi. E qui sta il nodo: nessun governo ha saputo dare vita ad una vera riforma, garantendo maggiore autonomia politica e finanziaria alle Regioni. Non lo ha fatto, il governo Berlusconi con i suoi ministri leghisti, capaci solo di varare un abbozzo di riforma, non lo ha fatto il centrosinistra con Prodi. Esiste in Italia un partito trasversale che non intende cedere o demandare ad altri il potere centrale dato dai finanziamenti agli enti locali. Con buona pace di Cortina e degli altri comuni, veneti e piemontesi, che guardano alle Regioni a statuto speciale come panacea ai propri problemi di territori marginali. Per loro c’è uno scoglio in più: cambiare i confini di una Regione è possibile solo cambiando la Costituzione. E in Italia nulla è più immutabile della legge fondamentale. ∞

Ps. Avviso ai colleghi giornalisti della stampa nazionale: Cortina chiede di passare all’Alto Adige e non al Trentino. Tra Trento e Bolzano la distanza è la stessa che tra Lubiana e Belgrado…

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Argentina, una poltrona rosa

Cristina Fernandez Kirchner Sono un affare di famiglia le elezioni presidenziali in Argentina: Cristina Fernandez Kirchner ha vinto nettamente le elezioni presidenziali. Secondo i dati ufficiali provvisori, la Fernandez, 54 anni, ha ottenuto quasi il 43,5 per cento dei voto e un vantaggio di oltre 20 punti sulla seconda candidata più votata, un’altra donna, la leader del centro-sinistra Elisa Carriò. Se confermato, il risultato non renderà necessario un secondo turno. La candidata del Fronte della Vittoria (sinistra peronista) succederà al marito, Néstor Kirchner (eletto nel 2003), alla Casa Rosada. La Fernandez sarà la seconda “presidenta” della storia del Paese, la prima scelta dal popolo: il primo luglio 1974, Isabelita, terza moglie del tre volte presidente Juan Domingo Peron, assunse la presidenza automaticamente alla morte del marito ma fu destituita dal colpo di stato militare. Avvocato e senatrice, 54 anni, nata a La Plata, figlia di una dirigente sindacale e di un piccolo imprenditore d’origine spagnola, madre di due figli e moglie d’un quasi ex presidente, Cristina ammira Hillary Clinton e Michelle Bachelet, è favorevole ai matrimoni gay ma contro l’aborto e contro le droghe leggere. Alla nuova presidente argentina spetta ora la sfida più impegnativa: risollevare le sorti di un paese, da anni alle prese con una crisi economica senza precendenti. Disoccupazione, inflazione, scarsa competitività delle imprese e un’agricoltura arretrata sono i nodi ancora da risolvere di uno Stato che sulla carta ha tutte le carte in regola per una rinascita economica. Da oggi, un’americana studierà meglio l’Argentina: si chiama Hillary Clinton. ∞

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Iraq, alla guerra con la guida turistica

La guerra in Iraq “Gli Usa hanno basato i piani per la ricostruzione del Iraq sulle informazioni di una vecchia guida turistica del Medio Oriente pubblicata dalla Lonely Planet”. Ad affermarlo è l’ex ambasciatore Usa Barbara Bodine, che faceva parte della task-force incaricata di pianificare il dopoguerra, nel corso dell’intervista rilasciata alla Bbc per la trasmissione “No plan, no peace”. Sempre dalla Lonely Planet, gli americani appresero dell’economia, della geografia e della cultura irachena. Insomma, un “non-piano” sulla ricostruzione fu elaborato anche grazie alle pillole informative pensate per turisti. I risultati della guerra per la democrazia in Iraq sono sotto gli occhi di tutti: instabilità del paese, 90 mila morti civili nel dopoguerra, migliaia di militari Usa e britannici caduti, e una spesa bellica di 500 miliardi di dollari. Quanti insulti merita questa ex ambasciatrice, incapace di tenere la bocca chiusa? Personalmente la manderei oggi stesso in Iraq ad aggiornare la guida Lonely Planet, così da farle scoprire che forse il paese era messo meglio prima dell’arrivo dei nuovi crociati per la democrazia. ∞

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La morte vien dal mare

Il cadavere in mare di un clandestino La notizia è di quelle che lasciano sgomenti. In due diversi naufragi, tra la Calabria e la Sicilia, sono morti questa notte almeno 16 persone. Tra loro anche un ragazzino di nemmeno 15 anni. Un barcone si è spezzato in mare e finendo in tre tronconi sulla spiaggia di Roccella Jonica, mentre un gommone è naufragato vicino a Siracusa. Secondo il rapporto Fortress Europe, che monitorizza gli sbarchi di clandestini nel Mediterraneo, in Sicilia nel 2007 sono morti già 500 migranti, contro i 302 dell’intero 2006. I naufraghi di Roccella Jonica erano tutti palestinesi: erano partiti in 170 persone da Haiza a bordo di camion telati, poi si sono imbarcati in un porto egiziano alcuni giorni fa e ieri sera, poco prima delle 23, hanno fatto naufragio sulla costa ionica calabrese. Per il viaggio della speranza hanno pagato in moneta egiziana l’equivalente di 1.500 euro a persona. Per loro, il sogno è finito a un miglio dalla costa quando la carretta del mare, un vecchio peschereccio, ha incominciato a sfasciarsi. Si sono salvati in 120, gli altri risultano morti o ancora dispersi. Il mio pensiero però ritorna a quel ragazzino di 15 anni morto sulla spiaggia di Siracusa: aveva solo 15 anni ed era partito lasciando dietro di sé suo padre, sua madre e i suoi fratelli. Avete mai pensato quale disperazione può muovere un ragazzino di quell’età ad andarsene di casa e affrontare il mare su un gommone? Avete mai pensato quale miseria può costringere i genitori a lasciare andar via così, senza un futuro e senza una meta, i propri figli?  E noi qui a discutere sulle “misure urgenti” da prendere per chiudere le nostre frontiere o a giudicare questi “straccioni”, senza muovere un dito per risolvere i problemi di milardi di persone. Dolore e vergogna. ∞

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Leggo l’onorevole e divento viola

Fiorentina in goal L‘allegra brigata moralista degli Udc ci fa omaggio dell’ennesima crociata a favore del nostro decoro. In un’interrogazione urgente al governo, il deputato Udc Francesco Bosi, se la prende con la Fiorentina. Non la bisteccona ma con la squadra di calcio, colpevole di costringere i tifosi viola a seguire la gare in trasferta di Coppa Uefa sull’emittente Conto Tv. “E’ un canale pornografico – protesta l’onorevole -. Gli appassionati della squadra viola sono costretti ad acquistare una scheda dal costo minimo di 10 euro. Cinque vengono spesi per la partita, gli altri possono costituire credito per assistere a film pornografici…”. Inutile ricordare all’onorevole pallonaro di occuparsi di faccende più serie e di colleghi meno seri (“Do you remember Mele & the cocain?”). Quanto ai dirigenti della Fiorentina, complimenti: con la pay-card hanno reglato ai loro tifosi una serata di sicuro spettacolo. A prescindere dal risultato. Forza Viola! ∞

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Casa, acquisti e prezzi in calo

Genova, cala il prezzo delle case Forse è presto per parlare di crisi del settore immobiliare, ma i dati sulle compravendite 2007 sono i peggiori degli ultimi anni. L’Agenzia del Territorio segnala che il mercato della casa ha frenato anche nel primo semestre 2007, così come era successo nel 2006. Gli acquisti sono calati del 3,4% su base annua, mentre i prezzi crescono meno degli scorsi anni: nelle città capoluogo il prezzo di una casa sale mediamente del 6,9% (+26,5% dal 2004), mentre nei comuni le case registrano aumenti di prezzi del 6,4% (+23,2% dal 2004). Meno case, meno mutui. I contratti di mutui per la prima casa sono calati del 3,73% (il dato è di UniCredit Banca per la Casa, l’istituto specializzato di UniCredit Group), ma il settore bancario si salva grazie alle nuove aree di business, grazie alle quali il saldo è positivo +1,9%. Nel primo semestre 2007, infatti, si sono registrate 884.442 transazioni complessive rispetto alle 920.341 del I semestre 2006, con un decremento relativo pari a – 3,9% (tasso tendenziale annuo). Il settore che fa segnare la percentuale più negativa è quello produttivo (-11,4%), seguito da quello commerciale (8,6) e terziario (-7,8%). Il settore residenziale, il maggiore in Italia, si attesa su una contrazione del 3,4%.
Nel numero in edicola questa settimana, l’Espresso propone un’inchiesta sul mercato delle abitazioni. Secondo i dati dell’Ufficio Studi UBH (la holding che controlla le reti di agenzie immobiliari Grimaldi e Professione Casa) nei primi mesi del 2007, i prezzi sono addirittura in calo. Città quali Firenze e Roma (zone semicentrali) il calo è del 2%. Tecnocasa, il network di intermediazione immobiliare con il maggior numero di agenzie in Italia (sono 2.640), monitora dieci grandi città italiane: in cinque di queste città le contrattazioni, già nei primi sei mesi del 2007, si sono chiuse su valori inferiori rispetto a quelli dello stesso periodo del 2006. I cali più marcati si sono verificati a Genova (meno 2,1 per cento) e a Bologna (meno 1 per cento) e più contenuti a Napoli (meno 0,9 per cento), Firenze (0,6 per cento) e Bari (0,4) per cento. I dati di due fonti diverse (Agenzia del Territorio e Agenzie immobiliari) quindi convergono, seppur su valori diversi. Di certo, il calo dei prezzi dei primi mesi 2007 non compensa l’incremento subito dal valore degli immobili e determinato dalla corsa al rialzo (senza alcun intevento governativo) degli anni ’90 e 2000. ∞

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Giappone, paese strano

 Il treno superveloce giapponese Città come Tokyo ed Osaka, con decine di milioni di pesone, sono senza traffico. La metro di Tokyo sposta ogni giorno, in entrata e uscita, 15 milioni di persone. La metà delle macchine girano per le strade sono taxi e non si vedono alcune delle automobili giapponese che invadono le nostra di strade. I vigili di Osaka, quando danno una multa, sono obbligati a segnare esattamente il luogo dell’infrazione: oltre a penna e cartella, la dotazione prevede il metro. L’età media dei taxisti è largamente superiore ai 50 anni: il mestiere sembra non piacere ai giovani. Un impiegato o dipendente può rimanere ìin ufficio o sul posto di lavoro fino alle 23, se il capo non ha ancora comunicato la decisione che lo riguarda, o lavorare sabato e domenica su richiesta dello stesso. Le corse di treni e metrò sono senza sosta, senza ritardi e i convogli si fermato in corrispondenza esatta dei cartelli che ti indicano il numero della carrozza.

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In Giappone dimentichi e ritrovi

 Capita di dimenticare oggetti personali in una stanza di algergo. L’altro ieri, in arrivo a Osaka con destinazione Kobe, ho lasciato nella presa della camera del Granvia Hotel, un albergone costruito dentro la stazione centrale della città, l’intero set di riduttori elettrici (una sorta di cubo con le presine buone per tutti i pese del mondo) e quello giapponese, logicamente, nella presa. Tre giorni dopo, finito il lavoro di test antisismici al laboratorio di Miki, per conto del Cnr e del Trentino, sono ritornato ad Osaka nello stesso albergo. Alla tipa della reception ho chiesto – senza molte speranze – se avessero ritrovato quel robino di modesto valore ma preziosissimo per chi, come me, passa del tempo a ricaricare cellari, laptop, ipod e macchina fotografica. Risposta, con il sorriso di circostanza e con un inglese/giapponese approssimativo: “Gentile signore, se lo ha dimenticatgo da noi provvederemo a recapitarglielo in camera. Il tempo di farmi 34 piani in ascensore e girare la chiave della camera 3315: magicamente il cubo wolrd wide era già li, sul mioletto. Grazie Giappone. ∞

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