Il Molleggiato è tornato e la tv ringrazia. Adriano Celentano si concede una sola volta, su Rai1 e per poco più di un’ora e mezza, con uno spettacolo dal titolo vagamente francescano, “La situazione di mia sorella non è buona”. Lo stesso dell’album uscito in questi gironi. Dove per sorella si può intendere la terra. E ne ha di cose da dire Celentano nel suo show a due anni dal Rockpolitik: ad incominciare dai politici per passare agli ultrà e per arrivare alla gente, il “popolo” – come solo lui riesce ancora a chiamare le persone – il vero riferimento del cantante italiano più discusso di tutti i tempi.
La scelta di Celentano è questa volta più intimista: sono spariti gli studio allestiti a piazza per uno studio allestito quasi per ospitare i suoi amici, le persone che lui invita a supporto delle sue idee. Sì perché Celentano piace alla gente non solo per quello che dice ma per come lo dice. Parla di politici ed ecco che ne esce un’immagine diretta, senza giri di parole o imbellettature tipiche della televisione italiana e dei presentatori di professione.
L’istrionico Fabio Fazio, serve a Celentano per lanciare il tema più difficile, ovvero il rischio del nucleare, radiazioni e polveri sottili. Lui non dimentica nessuno – Casini, Berlusconi, D’Alema, la destra e sinistra – tutti pronti oggi a sostenere “che oggi le centrali nucleari sarebbero più sicure, ma – avverte il Molleggiato – il pericolo sono le scorie nucleari, che non si sa dove metterle. Per smaltirle ci vogliono 25 mila anni. Chi vi assicura che la sicurezza delle centrali nucleari non intacchi anche le falde acquifere?”. Come dire, facile annunciare oggi un mondo più sicuro e pulito, quando impegni il futuro così a lungo. In televisione invita a “investire nella ricerca, cercare quel traguardo che sembra irraggiungibile, ma che secondo me prima o poi ci si arriva, della fusione fredda senza scorie”. Ed è qui che Celentano accelera, quando dice quello che tutti intuiscono e pochi hanno la sapienza di dirlo con parole giuste: “I politici dicono che vogliono migliorare la qualità della vita, sono certo che la migliorano, ma per quanto tempo? Loro giocano su questo, sul tempo. I politici hanno fretta, non possono aspettare sennò perdono i voti “. Un esempio? “Prodi, forse è sulla strada giusta, fa promesse che si possono attuare ma il popolo non gradisce. Preferisce vivere meno”.
La politica, ancora la politica. “In campagna elettorale – taglia corto Celentano – si affannano ad annunciare le cose buone per il Paese, ed ecco la lista dei ‘dolci avvelenati’. Quindi le città sarebbero più illuminate, ci sarebbero più grattacieli, perché qualche deficiente identifica il benessere dall’altezza dei grattacieli, a partire dai Comuni che sono i mandanti di architetti kamikaze che distruggono ogni cosa. Il debito pubblico diminuirebbe perché faremmo a meno di comprare l’energia dalla Francia e dalla Germania. Quindi il cittadino verrebbe ingannato da una illuminazione al di fuori della propria vita mentre dentro di lui aumenterebbe il buio del cancro”. A questo punto, per Celentano, serve “guardarsi negli occhi con lo sguardo di chi non ha paura di mettere in discussione i progetti della Moratti e tutto ciò che è contro la natura. Se non lo farai non sarai un ‘ultra’ e il tuo partito invecchierà quando meno te lo aspetti”. Ritorna l’idea popolare di Celentano: “Il politico, quello vero, che dovrebbe fare della politica una missione, dovrebbe evitargli i pericoli per migliorare la qualità della vita. Non fa niente se le città sono meno illuminate”.
Celentano pesca nell’attualità e non dimentica due protagonisti delle recenti cronache politiche, citando Clemente Mastella e Silvio Berlusconi. Il primo dovrebbe capire “di aver sbagliato a togliere l’indagine a quel magistrato che sta indagando su di te e lo rimetti al suo posto”; il secondo dovrebbe capire che “se qualcuno crea un nuovo partito, io l’applaudo, è bellissimo. Però Silvio, se vuoi veramente voltare pagina devi fare una rivoluzione dentro di te. Dare un segnale concreto che non sei più quello di ieri”.
Un omaggio vero lo rende a Milena Gabanelli che al telefono si interroga sul motivi per cui i quotidiani non diano il dovuto risalto ai casi sollevati dal suo Report, trasmissione di Rai3: “Se all’Isola dei famosi c’è uno che va a casa o litiga con un altro, gli danno spazio”.
Un calcio alla politica e un calcio al pallone. E Celentano torna in goal, quando non dimentica la violenza negli stadi. Agli Ultrà chiede di fare la rivoluzione, rinunciando alla violenza: “Basta andare negli stadi con spranghe e bastoni a colpire la polizia. Cambiate il vostro simbolo, togliete l’accento e diventate ‘ultra’, seppellite gli oggetti di violenza che caratterizzano la vostra identità. Deve partire da voi l’input primitivo. Dal fango nasce il fiore più bello. Se lo farete, costringerete il potere a piegarsi agli ideali di amore, uguaglianza, bellezza”.
E poi c’è la musica, tanta musica con gli amici di sempre e che ritornano nell’ultimo album, Mogol e Gianni Bella, e quelli nuovi, come Carmen Consoli e Ludovico Einaudi (pure loro cooptati nell’ultima fatica). Non manca l’ironia di Antonio Cornacchione, Laura Chiatti, Max Pisu. E nemmeno quando canta, Celentano riesce ad essere leggero: mentre ritornano le note scorrono le immagini della repressione in Birmania e di Aung San Suu Kyi.
La Rai ci ha regalato una serata di vera televisione. E’ incredibile come la stessa televisione pubblica riesca ad allontanarci con i suoi “Porta a porta”, i suoi intrighi di palazzo malato ed a riavvicinarci ad essa con la stessa velocità. ∞