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Concorrenza Taiwan all’iPhone

La sfida ad Apple e all’iPhone arriva da Taiwan, dove Htc ha presentato il suo modello Diamond Touch. Design modernissimo con sistema operativo Windows mobile 6.1., l’ultimo nato è caratterizzato da dimensioni compatte, dalla navigazione Internet e dall’interfaccia tridimesionale TouchFlo 3D. Htc offre una navigazione Internet in connettività wireless con velocità paragonabile a quella broadband con Hsupa e Hsdpa che viaggia a 7.2 Mbps. ∞

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iTunes Store, lo spettacolo inizia

Da qualche ora sul sito americano di iTune Store è possibile pellicole delle principali major cinematografiche per la distribuzione di film di primissima visione (relativamente al mercato home video, e quindi con qualche mese di ritardo rispetto all’uscita nelle sale) in contemporanea con la loro pubblicazione in dvd. Pellicole come come «Juno», «American Gangster» o «Io sono leggenda» sono disponibili al prezzo di 14 dollari e 99 centesimi: solo cinque dollari in più rispetto ai film del catalogo di iTunes, che comprende film anche recenti ma non nuovissimi e circa la metà rispetto al prezzo di vendita dei normali dvd.

L’iniziativa di Apple che mira al monopolio dei film, dopo quello della musica, è di offrire ai propri utenti un’offerta in grado di concorrere con i big del noleggio: Blockbuster o Netflix. ù

Nel negozio virtuale della società della mela morsicata, sarà possibile scegliere tra i film distribuiti da Warner, 20th Century Fox, Walt Disney, Paramount, Universal, Sony Pictures Entertainment, Lionsgate, Image Entertainment e First Look.

Buona visione. ∞

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Microsoft e Yahoo, lo yo yo continuerà nonostante la rottura

Microsoft annuncia di rinunciare all’acquisto di Yahoo, il secondo motore di ricerca al mondo e macchina da soldi per la pubblicità on line. Io non ci credo. I tipi di Redmond alla fine porteranno a casa il giocattolo di Jerry Jang e David Filo, ostinati a chiedere 37 dollari per azioni contro i 33 offerti da BigM e i 28,67 dollari della borsa (almeno questo il valore di oggi…). Pochi mesi fa un’altra società dell’It, Bea aveva provato a resistere ad un colosso, Oracle, per poi capitolare. Alla fine anche questo affare si chiuderà, magari con qualche altro socio (Murdoch?), ma si chiuderà. Con buona pace di tutti. ∞

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Pechino 2008, la fiaccola si spegne a Parigi

Dopo le manifestazioni e gli scontri di ieri a Londra, la fiaccola olimpica è sbarcata ieri a Parigi: la protesta di attivisti per il Tibet e di Reporter senza frontiera hanno più volte bloccato il percorso, costretto gli organizzatori a stravolgere il programma e a fermare la sfilata prima del termine. Una necessità, oltre che una scelta, considerato che il sindaco Bernard Delanoe ha deciso di cancellare ogni cerimonia in onore della fiaccola cinese.

Le bandiere con i cinque cerchi olimpici trasformati in manette, simbolo della protesta attivata da Reporter senza frontiere, ha accompagnato con clamorose apparizioni il passaggio della torcia, sventolando sulla Torre Eiffel, sugli Champs Elysée, sul municipio di Parigi.

Il flop di una marcia trionfale ipotizzata (uno spot pro China lunga oltre 100 mila chilometri, tanto durerà la corsa ad ostacoli della fiaccola) è evidente nei numeri: ciascun tedoforo di turno era protetto a Parigi da un cordone ambulante lungo 200 metri e composto da 65 poliziotti in moto, 100 sui roller e altrettanti vigili del fuoco corridori.

Dopo Parigi, la fiaccola lascerà l’Europa per gli Stati Uniti: San Francisco, mercoledì, e Buenos Aires, venerdì. Nella città californiana, dove vive la terza comunità cinese del Nordamerica, le proteste sono già iniziate: oggi tre attivisti hanno scalato il Golden Gate (le immagini) e hanno appeso ai cavi di sostegno una bandiera del Tibet e due striscioni con su scritto: “One World, One Dream, Free Tibet” (un mondo, un sogno, Tibet libero).

La Cina ha condannato oggi le “vili azioni” dei manifestanti filotibetani di Londra. Da Repubblica.it: Per la prima volta il tg della notte della tv cinese ha brevemente accennato agli incidenti che hanno disturbato il passaggio della fiaccola olimpica, ieri a Londra e oggi a Parigi, nell’edizione delle 22 locali (le 16 italiane) del notiziario della principale rete della tv centrale, Cctv1. In precedenza, l’emittente ha mostrato immagini del passaggio della fiamma a Parigi, con una forte presenza di poliziotti e con l’inviato della Cctv che si rallegrava per “la calorosa accoglienza degli abitanti di Parigi, dei cinesi d’oltremare e degli studenti cinesi”.

Povera democrazia, povera informazione, povera China. ∞

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Fidel lascia e Cuba guarda al suo futuro

Fidel Castro ai tempi della Sierra Fidel Castro lascia la carica di presidente di Cuba. L’annuncio è dello stesso “lider maximo” che sul sito del Granma, il quotidiano comunista cubano, lascia quello che si può considerare il suo testamento politico. Fidel Castro era al potere dal 1959.
L’uscita di scena di Fidel – dopo mezzo secolo – chiude definitivamente un’epoca e accelera la transizione dell’isola verso un nuovo modello politico ed economico. Da alcuni anni Castro non era più alla guida ne del partito ne di Cuba: il fratello Raul e la nuova dirigenza avevano sostituito un Fidel sempre più ammalato e incapace di incarnare una prospettiva reale per un’isola che da troppo tempo sta pagando gli errori e le conseguenze di una rivoluzione sfumata.
Castro ha la grande responsabilità di non aver saputo dare un’evoluzione democratica alla rivoluzione cubana degli anni ’50, quando – con l’appoggio di tutto il popolo cubano e un manipolo di guerriglieri – aveva destituito il regime totalitario di Fulgencio Batista e cacciato gli Stati Uniti che ne avevano fatto una sorta di protettorato. Lo spirito della rivoluzione cubana e dei suoi miti – da Che Guevara a Camillo Cienfuegos – è stato tradito da Fidel.
Di fronte all’embargo americano – mai contrastato con forza dalla comunità internazionale – Castro ha reagito con la chiusura democratica interna e il patto con l’Unione sovietica in politica estera. Crollato l’impero sovietico, a Castro e a Cuba è rimasta solo la prima opzione. Da anni, il lider maximo e il suo gruppo politico non gode più dell’appoggio popolare: Cuba chiede le riforme e l’apertura verso il mondo, negata ancora oggi anche dall’atteggiamento degli Stati Uniti, decisi a circoscrivere chirurgicamente in Centro e Sud America la via cubana al socialismo e alla democrazia. Per gli Stati Uniti è necessario isolare Fidel e trasformarlo in un dittatore, a costo di affamare un intero popolo. Ancora oggi milioni di cubani soffrono la mancanza di medicine, l’economia langue anche a causa della mancata fornitura di macchinari e scambi commerciali: l’isola vive una situazione irreale e drammatica di isolazionismo rispetto al resto del mondo. E tutto alla faccia del modello democratico che gli Stati Uniti – i guardiani del Terzo Millennio – vorrebbero esportare nel mondo. Chi è stato a Cuba ha toccato con mano la situazione.
Fidel, nel bene e nel male, ha segnato le sorti di Cuba, attraversando per mezzo secolo la storia del mondo alla guida di una piccola isola caraibica. La speranza è che cuba riesca a trovare una propria identità e un futuro libero dai laccioli di una rivoluzione morta da almeno 20 anni e lontano dai tentacoli degli Stati Uniti, ai quali non interessa certo – e la storia del Centro e Sud America lo dimostra – il benessere del popolo. ∞

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Apple, le novità a metà

MacBook Air Prima della sospensione, avevo lasciato con l’annuncio di MacWorld 2008, l’appuntamento annuale in cui Steve Jobs annuncia le novità in casa Apple. L’evento è già passato e digerito ma, per onore di cronaca, lo riporto con un breve commento.
Partiamo dal commento: quest’anno Steve Jobs ha retto la scena ma non ha stupito. Ha retto la scena perché, sfilando da una busta il “notebook più sottile al mondo”, il Macbook Air, ha rilanciato la sfida Apple all’innovazione con un (presunto) record. Ma non ha sbaragliato il campo in quanto nessuno dei prodotti presentati, nemmeno il Macbook Air, si annuncia come rivoluzionario. Lo è stato lo scorso anno l’iPhone, ma non può esserlo certamente Macbook Air.
Misure estreme a parte – alto da un minimo di 0,4 centimetri a un massimo di 1,9, un chilo e trecento grammi di peso, tutto in alluminio, con lo schermo da 13.3 pollici a led, tastiera retrolluminata, webcam incorporata e il trackpad multi-touch che ha quasi le stesse funzioni di quello dell’iPhone – il Macbook ha come limiti la capacità di archivio (nemmeno 100 Gb), poche porte e un’autonomia di batteria tutta da verificare. La novità è nella scelta coraggiosa di forzare il prodotto verso il wireless: mouse, internet, eventuale tastiera, o collegamenti con altri Mac sui cui vedere, ad esempio, un dvd, che su air manca.
A Macworld 2008, Jobs ha annunciato un nuovo business, la possibilità di affittare film su iTunes: dopo la musica, apple ci prova con il video. Deludenti le migliorie per iPhone e iPod Touch, con alcune funzioni essenziali che ancora mancano, quali il copia ed incolla, il search nella ricerca di indirizzi o numeri di telefono.
E’ arrivata la nuova versione per la Apple tv con il software e hardware dovrebbero  consentire di evitare l’impiego del computer. Sono tra i dieci nel mondo che hanno acquistato questo prodotto, che mi ha deluso oltremodo: la gestione dei contenuti è rigida (se cancelli i video, foto o mp3 dal tuo pc, lo stesso succede in automatico su Apple Tv, oppure fare a meno del pc), ma soprattutto è un disastro la scelta dei contenuti che Apple propone on line per questo tentativo di web tv. E’ arrivato Office 2008 per mac, pensata e realizzata per i microprocessori Intel.
La novità vera del 2008 di Apple è Time Capsule, sistema di backup avanzato dotato di disco fisso collegato in wireless al computer, da 500 giga (299 dollari) o da 1 Terabyte (499 dollari). Grazie alla funzione di Time Machine, il programma di backup automatico Leopard (Mac Osx 10.5), tutti i contenuti si memorizzeranno su Capsule senza l’intervento dell’utente, ma soprattutto sarà possibile ricostruire la configurazione del mac ad una precisa data. Time Capsule funziona anche per base wifi. Non male.
Pretendo forse troppo da Apple? ∞

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Apple, c’è qualcosa nell’aria

Tutto pronto al Moscone Center di San Francisco

A poche ore dall’apertura di MacWorld Expo 2008, la tradizionale convention che Apple organizza ogni anno a San Francisco per presentare i suoi prodotti e quest’anno caratterizzata dallo slogan “There’s something in the air” (C’è qualcosa nell’aria, appunto), ho scovato nella rete la foto – edita da MacNN –  di uno dei cartelloni di allestimento del Moscone Center, dove ad ore è atteso il keynote di Steve Job. Secondo il cartellone, in attesa di essere coperto da teli neri, la presentazione va tutta all’IPhone e non a qualche nuovo portatile, magari supersottile o con il touch-screen.  L’appuntamento è per le 17.30 ora locale. Stiamo a vedere… ∞

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Usa, il voto Iowa premia Obama e Huckabee

Huckabee e Obama Per la superfavorita Hillary Clinton, la corsa alla Casa Bianca inizia in salita. Il suo concorrente più quotato, tra i democratici, Barack Obama ha vinto in Iowa, primo stato americano a votare per i futuri candidati alla presidenza degli Stati Uniti. In casa repubblicana la vittoria è invece andata a Mike Huckabee. E domani già si ritorna ai seggi nello New Hampshire.Secondo le prime proiezioni, Huckabee ha ottenuto il 34% dei voti degli elettori repubblicani, seguito da Mitt Romney, con il 25%, Fred Thompson con il 14%, John McCain, con il 13% e Ron Paul, con il 10%.Sul lato democratico, Obama ha avuto il 37% dei voti, seguito da John Edwards, con il 30% e Hillary Clinton, con il 29%.”Credo di aver fatto il meglio che era nelle mie possibilità. Certo è che questo è solo l’inizio e non la fine”, ha commentato Obama davanti alle televisioni americane.Per Hillary – che qui non partiva certo con il favore dei pronostici e colpevole, secondo il Washington Post, di aver sbagliato strategia, facendo conto di avere la nomination già in tasca – la sconfitta è più pesante del previsto: terzo posto e otto punti di scarto dal suo avversario non è un buon inizio.In Iowa hanno votato solo 250mila elettori su 2 milioni di aventi diritto. E’ per questo motivo che molti osservatori non giudicano attendibile il voto di questo stato agricolo nella corsa alla Casa Bianca. Non così la pensano i candidati che hanno speso parecchi dollari nella campagna elettorale: oltre 50 milioni, 30 dei quali finiti in spot tv. La necessità di non sfigurare, pregiudicando così le future possibilità di vittoria, ha convinto candidati e staff ad aprire i cordoni della borsa per un test elettorale tutto sommato secondario. Questa è anche la vittoria della politica mediatici su quella dei contenuti. Un esempio: Hillary Clinton ha assoldato 5 mila autisti per portare gli elettori delle 99 contee dell’Iowa nelle sedi delle 1.781 circoscrizioni elettorali, sfidando le temperature polari. Inutile? Forse, certo senza i taxista del seggio il suo risultato sarebbe stato ancora peggiore.Caucus e primarie servono a scegliere i delegati alle convention che incoroneranno tra fine agosto e inizio settembre i candidati dei due partiti alla successione di George W. Bush, nelle elezioni del 4 novembre. Dopo l’Iowa, il prossimo appuntamento è per l’8 gennaio con le primarie in New Hampshire. La partita si giocherà tra un mese con quello che i media americani hanno chiamato “Tsunami-Tuesday”, il 5 febbraio, quando andranno al voto 22 Stati americani, compresi pesi massimi come California e New York, scegliendo finalmente i veri sfidanti. E qui Hillary conta di rimontare lo svantaggio iniziale.∞

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Le “Business Technology” cambieranno le aziende

new-york.jpeg In un mercato sempre più globale, le aziende troveranno nel capitale umano e nelle tecnologie la chiave della loro innovazione e, in definitiva, del loro successo. La combinazione dei due fattori genera o, meglio, libera altre risorse, come quella sociale, che permette all’azienda di muoversi con nuovi strumenti nei diversi settori in cui essa si trova ad operare. In aiuto a questa nuova concezione di aziende viene lo studio condotto da McKinsey sul ruolo di propulsore dell’hi-tech nei prossimi anni per lo sviluppo dell’economia, ripreso nell’edizione odierno del Sole 24 Ore on line, con alcuni ottimi articoli di Gianni Rusconi.

La tecnologia – vogliamo chiamarla così – senza capitale umano, senza la persona, è poca cosa. La persona ha il compito di sviluppare la tecnologia, di realizzarla e di innestarla nei vari contesti sociali. Aziende comprese. Rimanendo nell’ambito economico ci accorgiamo dunque che chi, come noi, si trova a lavorare alla frontiera dell’innovazione tecnologica applicata, non può prescindere dalla capacità personale e di gruppo di trarre il meglio dalle novità per applicarle in campo aziendale. E un’azienda che si rispetti deve essere in grado creare al proprio interno quelle condizioni necessarie che permettano ai semi dell’innovazione di crescere.

In America, le maggiori imprese, con l’appoggio degli operatori economici e finanziari, hanno da tempo deciso di percorrere questa strada, così pure in Europa, seppur con qualche eccezione. Tra queste ci metto l’Italia, paese dove ancora i nuovi principi economici faticano ad innestarsi e a generare nuovi modelli. Solo qualche esempio. Da noi il consumatore è ancora visto come una preda da raggiungere e catturare, senza curarsi del feedback che questi può offrire all’aziende per la definizione di nuovi prodotti. Così come i fornitori, considerati ancora oggi dal sistema italiano, culla della gestione centralizzata,  come appendici esterne alle aziende, capaci solo di fornire a comando merci o servizi e non considerati per il supporto o il contributo innovativo. Per finire con l’informazione, necessaria alle aziende per una comunicazione globale che, grazie alle nuove tecnologie, arriva direttamente agli utenti/clienti e da essi ritorna, generando – come conclude McKinsey – nuovi business. ∞

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I fatti del 2007: la cronologia dei personaggi ed eventi

I funerali di Benazir Bhutto in Pakistan

L’agenzia Ansa propone la cronologia dei principali eventi e personaggi che hanno segnato il 2007, divisa tra Italia, mondo e sport. ∞

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Addio Ventura, buona Mela

Simona Ventura Leggo dal Corriere.it: “In un’intervista esclusiva concessa a Tv sorrisi e canzoni Simona Ventura, fresca reduce dal trionfo della quinta edizione dellIsola dei famosi, confessa a sorpresa la sua intenzione di trasferirsi negli Stati Uniti per completare il suo bagaglio televisivo. «Sono pronta per trasferirmi a New York dove sto comprando una casa e dove spero di lavorare in un tipo di tv che qui in Italia possiamo solo sognare. Ho già preso accordi per svolgere uno stage in una televisione americana – dice la popolare conduttrice -. Perchè voglio anche impadronirmi del loro modo di lavorare»”. Il biglietto è di sola andata?  ∞

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Kosovo, negoziati falliti

Cittadiini kosovari di etnia sebra nell’enclave di Gorazdevac, nei pressi di Peja-Pec Il negoziato di New York sul Kosovo è fallito: serbi ed albanesi non hanno trovato un accordo sul futuro (indipendente) del regione balcanica. A nulla sono valsi i tentativi della troika Stati Uniti – Unione Europea – Russia di trovare una mediazione tra l’avversione di Belgrado a riconoscere la sovranità dell’ex regione della grande Jugoslavia e la determinatezza con cui Pristina vuole arrivare ad una dichiarazione di indipendenza unilaterale.

In pochi hanno creduto veramente che il vertice di New York avrebbe portato ad una soluzione della crisi: gli stessi attori non sono stati capaci dal 1999 ad oggi di costruire un futuro del Kosovo, spedendo migliaia di militari della KFor per impedire ulteriori massacri tra serbi ed albanesi, e spendendo miliardi di euro per alimentare artificialmente quello che di fatto è da tempo, ovvero uno stato senza economia e guida politica.

New York si è quindi celebrato il fallimento della diplomazia internazionale, incapace di arrivare a quella che appare essere l’unica (e più difficile) soluzione: riconoscere al Kosovo l’indipendenza, esigere il rispetto da parte albanese dei diritti della minoranza serba, contrastare corruzione e criminalità, ed avviare un serio programma di integrazione etnica. Nulla di tutto questo è stato fatto dalla troika in questi anni che si è limitata invece a gestire l’ordinario.

Ed ora?  Il Kosovo dichiarerà unilateralmente la propria indipendenza. Questo ha promesso e questo vuole il nuovo uomo forte di Pristina, Hashim Thaci, leader del Partito democratico (Pdk) ed ex comandante militare della guerriglia separatista albanese (Uck), che nelle scorse settimane ha vinto le elezioni politiche. L’indipendenza del Kosovo è sostenuta più o meno esplicitamente da gran parte dell’Occidente ed è avversata da Mosca, alleato storico di Belgrado, che nella seconda metà degli anni ’90 mise a ferro e fuoco il Kosovo, pur di sottometterlo. La Russia, in realtà, è anche preoccupata del progressivo avvicinamento di Belgrado agli Stati Uniti che hanno individuato proprio nella Serbia il partner economico dell’area. A sua volta, la nuova Serbia, quella succeduta a Slobodan Milošević, sta guardando più od Ovest (Europa e Stati Uniti) che a Sud (Kosovo) o Est (Russia), decisa superare la crisi economica determinata da una campagna militare durata quasi 10 anni. La tentazione di Belgrado di liberarsi del fardello Kosovo è forte, ma ad impedirlo c’è l’opinione pubblica molto nazionalista e la posizione della chiesa ortodossa (i kosovari sono mussulmani…) alle quali si rivolgono i “fratelli” delle enclave serbo-kosovare che temono di essere abbandonati al proprio destino. E proprio pochi giorni fa, i rappresentanti della minoranza serba in Kosovo hanno consegnato al primo ministro di Belgrado, Vojislav Kustunica, una petizione firmata da 75 mila persone, in cui si ribadisce l’intenzione di non riconoscere un’eventuale dichiarazione di indipendenza unilaterale da parte di Pristina.

La situazione rischia quindi di degenerare a breve in nuovi scontri e violenze. I ministri degli esteri di Italia, Gran Bretagna, Francia e Germania – i paesi con la maggior presenza militare in Kosovo – hanno scritto ai loro colleghi europei per dire che, esaurito lo spazio negoziale, per l’Ue è arrivato il momento di assumere un orientamento chiaro sui suoi impegni.

Un orientamento che dovrebbe sfociare quanto prima – come ha sottolineato il ministro degli esteri Massimo D’Alema – al via libera ad una missione civile dell’Unione Europea destinata ad assumere il controllo dell’amministrazione del Kosovo. In tal modo, congiuntamente alla presenza sul territorio di circa 17.000 uomini della forza Kfor della Nato, si potrebbe assicurare quel presidio del territorio necessario a impedire il  riesplodere della violenza. E a congelare nuovamente politicamente e militarmente il paese. Il tutto a beneficio di estremisti, puttanieri, trafficanti di droga e armi, politici corrotti e faccendieri. ∞

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Crisi mutui subprime, interviene Bush

La vignetta sui Subrime (fonte www.kfwimer.com) La crisi dei subprime – i mutui a tasso variabile sottoscritti da migliaia di piccoli risparmiatori americani per l’acquisto della prima casa – è così grave da indurre il governo e il presidente George W. Bush a varare un vero e proprio piano antipignoramenti. Si stima che negli Stati Uniti almeno 1,2 milioni di persone rischiano di non riuscire a pagare le rate del mutuo sulla casa. La misura voluta da Bush prevede il congelamento quinquennale dei tassi di un’ampia gamma di subprime erogati dal primo gennaio 2005 a luglio 2007 e la possibilità di rinegoziare nuovi mutui con privati o agenzie federali.

“Gli interventi sono per i proprietari di case in difficoltà, non per gli speculatori immobiliari e vogliono evitare che ulteriori pignoramenti possano colpire duramente l’economia, sufficientemente forte per superare questa fase””, ha spiegato la Casa Bianca.

L’altro ieri la procura dello Stato di New York, guidata da Andrew Cuomo, che deciso di aprire una verifica sull’operato delle grandi banche di Wall Street, come Merrill Lynch, Bear Stearns e Deutsche Bank, nella vendita di strumenti finanziari ad alto rischio legati proprio ai subprime. Il procuratore Cuomo vuole fare luce sui controlli della qualità dei mutui, che venivano comprati dai colossi del credito, cartolarizzati e collocati sul mercato. Tra gli aspetti più controversi figurano i rapporti tra banche e agenzie di rating, come Standard and Poor’s e Moody’s. Relazioni “potenzialmente pericolose”, che interessano Wall Street, pratiche di sottoscrizione con gli operatori dei mutui e le societa’ incaricate di effettuare le due diligence ed di emettere i rating sul debito. In altre parole, la procura intende verifica se da parte delle banche ci sia stata una condotta disinvolta nel piazzare sul mercato i mutui o, peggio, che le stesse banche abbiano di fatto pensato solo a garantire i propri interessi, a scapito dei risparmiatori, sapendo il rischio a cui questi ultimi erano esposti.

Sempre ieri la Mortgage Bankers Association (Mba) annuncia pignoramenti record nel trimestre luglio-settembre in rialzo dello 0,78% (dal +0,65% dei tre mesi precedenti).
In Italia, dove si attendono per i prossimi mesi gli effetti della crisi subprime, non è stata ancora presa alcuna misura concreta a difesa dei piccoli proprietari. ∞

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La sexy prof torna in carcere

La sexy professoressa della Florida è di nuovo nei guai. Debra Lafave, 26 anni, bionda e occhi azzurri, ex insegnante in una scuola media di Tampa, fu condannata a tre anni di arresti domiciliari e a sette di libertà vigilata per aver fatto sesso in classe con un suo alunno di 14 anni. Lei ha perso il lavoro, si è pagata le spese degli avvocati con qualche intervista televisiva (vedi il video) ed ha ricominciato da un ristorante in cui faceva la cameriera. Almeno fino a ieri, quando è stata arrestata e riportata in carcere perché – udite, udite – sorpresa a parlare delle sue vicende personali con una collega (una cameriera, quindi) minorenne.
Lafave ha infranto una delle condizioni imposte dal giudice per la sua libertà vigilata, ovvero non avere contatti con minori senza permesso. Ora l’ex prof rischia fino a 15 anni di carcere.
Se confermata, la vicenda ha dell’incredibile e conferma la micidiale rigidità della giustizia americana. ∞

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Chavez e la deriva democratica

Hugo Chavez Il Venezuela ha bocciato la “riforma” costituzionale del presidente Hugo Chavez, che mirava a togliere il limite al mandato presidenziale e garantire a sé stesso la possibilità di potersi ricandidare per sempre alla guida del Paese.

Il referendum è stato bocciato per un pelo: secondo la commissione elettorale, il 50,7 dei venezuelani ha votato contro il primo blocco degli articoli e il 49,29 a favore; il 51,05 ha rifiutato il secondo blocco, approvato dal 48,94 per cento.

In Venezuela ha vinto la democrazia e la ragione. Non piace ai venezuelani il Chavez desideroso di consolidare il proprio potere (è eletto dal 1998), giocando con la sua popolarità e la sua forza elettorale. Pessimo segnale per un presidente che si definisce “socialista”.  Troppe volte la storia ci ha regalato “condottieri” che in nome del popolo e della democrazia hanno trasformato un paese in una dittatura. Perché una dittatura, che sia di destra o di sinistra, rimane pur sempre una dittatura. Un abominio contro i diritti dell’uomo. Purtroppo è successo a Cuba, dove Castro ha tradito i principi della rivoluzione e ha portato il paese verso il baratro, bruciando un credito politico e storico senza precedenti.

Al Venezuela non serve un altro Castro, bensì un presidente capace di portare e termine le riforme di cui ha bisogno il paese. Perché far passare con il referendum costituzionale – che riformava 69 dei 350 articoli della Magna Charta – l’aumento dei poteri presidenziali, l’allungamento del mandato da 6 a 7 anni, la rielezione indefinita del presidente il controllo presidenziale sulle riserve di valuta estera, assieme al riforme, quali i poteri di espropriare proprietà private, la riduzione dell’orario di lavoro e la concessione del voto ai 16enni? Il Venezuela, per fortuna, questa volta l’ha capito. ∞

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