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Il capo ti spia… cambia email

La posta elettronica violata

 Il datore di lavoro o il tuo dirigente può leggere in modo del tutto legittimo le email aziendali dei dipendenti, a patto che l’azienda abbia imposto la comunicazione della password del computer e della posta al superiore gerarchico. A stabilirlo è la Corte di Cassazione che ha confermato la sentenza di assoluzione decisa dal Tribunale di Torino  nei confronti di un datore di lavoro che aveva letto le e-mail aziendali di una dipendente. La donna era stata licenziata in seguito proprio a causa dei contenuti della posta elettronica.

La decisione è sorprendente. Sacro il principio che sancisce l’allontanamento del dipendente che agisce contro gli interessi dell’azienda, ci si domanda se il rapporto di forza – ad esempio, al momento dell’assunzione – sia equilibrato fra datore di lavoro e dipendente (pronto a sacrificare la privacy per il posto fisso…) oppure dell’uso seriale che un superiore potrebbe decidere nei confronti del subalterno che così si vedrebbe privato della riservatezza, altro principio riconosciuto ad una persona umano. Io non gradirei l’intrusione del capo nel mio computer, dentro cui custodisco anche cose riservate, certo non contrarie all’azienda per cui lavoro ma pur sempre private.  Certo posso attivare una casella di posta elettronica di uno dei tanti operatori della rete, ma l’escamotage non salva il diritto violato.

Il Grande Fratello sempre più presente non ha bisogno certo dei giudici per metterci sotto la sua lente di ingrandimento. ∞

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Caso Forleo, abbiamo capito male…

Il gip Clementina Forleo Alla fine, a capire male o a fraintendere la parole del gip di Milano, Clementina Forleo, siamo stati noi o gli spettatori della trasmissione “Annozero” di Michele Santora. Ascoltata oggi dai colleghi della Cassazione, per valutare l’eventuale iniziativa disciplinare, il giudice milanese ha chiarito in lacrime (almeno così riportano i siti di informazione): “No, non ho mai detto di avere paura delle istituzioni”. Bene. Anzi, male. Bene, perché così la stessa giudice fuga ogni ombra su eventuali e gravissime interferenze da parte di uomini dello Stato sulle sue indagini e, in particolare, sull’inchiesta Antonveneta e le scalate bancarie tentate dai “furbetti del quartierino”, al secolo Stefano Ricucci, il “Gianpy” Gianpiero Fiorani, Giovanni Consorte, Danilo Coppola e Giuseppe Statuto. Male, anzi malissimo, perché la stessa Forleo avrebbe ribadito le accuse di omissione rivolte ai carabinieri. L’Arma avrebbe ritardato le indagini sulle telefonate mute ricevute dai suoi genitori prima che morissero in un incidente stradale. Ancora la gip di Milano ha ricordato quanto avrebbero detto al presidente emerito della Cassazione, Ferdinando Imposimato, già magistrato a Milano e l’amico a cui il gip ha lasciato in custodia una lettera testamento con i particolari della denuncia: “Vogliono farla passare per pazza e farla indagare dal procuratore generale della Cassazione”. Per il momento non è stata inziata alcuna azione disciplinare nei confronti della Forleo. “Si vedrà” ha risposto il procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli, titolare dell’iniziativa disciplinare nei confronti dei magistrati, a chi gli chiedeva notizie su un eventuale procedimento a carico del gip diMilano.  In ogni caso c’è qualcosa che non torna: durante la trasmissione di Santoro Annozero, la Forleo non si appellò a giri di parole e accusò chiaramente: “Sono stata vittima di tentativi di delegittimazione e discredito da parte di soggetti istituzionali, che non appartengono al mio ufficio, e anche da appartenenti alle forze dell’ordine. Ho pure avuto la fortuna di scoprire chi manovrava queste persone, ho fatto regolare denuncia”. I casi sono due: qualcuno ha la memoria corta o un tendenzioso tubo catodico ha distorto un’affermazione netta. A voi il giudizio, con la speranza che questa vicenda si chiuda prima possibile con buona pace di Falcone e Borsellino. ∞

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