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Cara, carissima Sanità Italiana (e Trentina)

Cara, carissima sanità. E’ un periodo che mi incazzo facilmente. Lo ammetto. Ma oggi abbiamo superato il limite.

Nel mio bel Trentino, dove tutto funziona, faccio una visita medica al dannato ginocchio sinistro che da 30 anni mi provoca più sofferenze che soddisfazioni (peggio del centrosinistra…). Vado dal medico di base e mi faccio prescrivere una risonanza magnetica, dopo un po’ di lista d’attesa vado in ospedale e faccio le radiografie. Siccome fatico a camminare, scelgo la via breve della visita a pagamento (mica posso aspettare qc settimana o mese con un ginocchio a melone…).

Ve la faccio breve e passo direttamente al conto: 120 euro di visita privata (hai voluto la visita privata subito, paga, che importa se dovevi aspettare giorni… lo stesso medico a pagamento c’è in poche ore), 83 euro di una ginocchiera (venduta dalla fisioterapista dello stesso studio medico privato, nella foto accanto), 285 euro per numero tre iniezioni da fare al ginocchio (farmaco americano, fuori tabellario italiano e da acquistare direttamente presso l’importatore di Venezia. “Non è oleoso ma viscoso e quindi è più efficace”, mi vasellina lo specialista al quale sono sempre più tentato di rompere un testicolo con un calcio ben piazzato da sotto il tavolo modello Ikea), 60 euro a ogni seduta per le tre “punture” (indovinate chi me le farà… sì, proprio lui, l’algido specialista privato), più il plantarino che un altro specialista dello stesso studio dello specialista mi farà, previa visita privata a pagamento (ovvio!!!). Totale ad oggi: circa 550 euro, plantare e prossima visita esclusa. Trentino: abitanti meno di 500 mila, spesa sanitaria 1 miliardo di euro. Posso incazzarmi? Ma come fa la gente che non si può permettere tutto questo?

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Orso, sei specie su otto sono a rischio

Il panda Sei specie di orsi su otto sono minacciate dal rischio estinzione. A sostenerlo è Iucn, l’organismo internazionale che censisce le specie a rischio. In cima alla “red list” c’è sempre il Panda, di cui si stima una popolazione tra i mille e i duemila esemplari. Il governo cinese sta tentando il ripopolamento, ma ancora una volta è l’uomo, con i suoi comportamenti, a pregiudicare l’esistenza della specie: i bracconieri lo cacciano infatti perché la sua bile viene usata nella medicina tradizionale mentre le zampe sono considerate una prelibatezza.
Al secondo posto, nuova entrata, c’è l’orso malese, la specie più piccola di plantigrade. Secondo l’ organizzazione internazionale la popolazione di questo animale, che vive prevalentemente nel sud-est asiatico, è diminuita del 30% negli ultimi trent’anni, e continua a calare con questo ritmo. In questo caso la deforestazione, quindi la riduzione dell’habitat, e il bracconaggio sono le cause principali della progressiva scomparsa. Vive sempre in Asia la terza specie di orso a rischio, ovvero l’orso nero tibetano. Cinquemila esemplari in vita secondo alcune stime, trentamila secondo altre), al quarto il bradipo (tra diecimila e ventimila), seguito dall’orso delle Ande (circa diecimila). Al sesto posto c’è forse la specie più nota, l’orso bianco polare, minacciato soprattutto dai cambiamenti climatici che ne limitano l’habitat. Le uniche due specie a dormire (si fa per dire) sonni tranquilli sono l’orso nero americano e l’orso bruno. Quest’ultimo dato non inganni. L’orso bruno è caratterizzato da alcun e sottospeci e piccole popolazione che nel sud Europa e nell’Asia centrale sono a rischio. Un esempio è l’orso bruno Marsicano, la cui popolazione è ormai ridotta a 40 unità e in continua decrescita. I confini del parco d’Abruzzo non proteggono più questo animale e il suo habitat. Quanto all’orso bruno delle Dolomiti o Trentino – lo confesso, è una battaglia personale – il suo futuro dipende più dagli umori di residenti ferocemente suscettibili alle incursioni dei plantigradi nelle baite e al limitar dei paesi (l’ultima è di qualche giorno fa a Ranzo, protagonisti due orsi giovani, probabilmente i figli di Jurka) che ad un reale rischio ambientale. Così va il mondo, dove non c’è più posto per i più deboli. ∞

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Cortina e il referendum impossibile

Cortina vuole l’Alto Adige Dopo Lamon ed Asiago, anche Cortina d’Ampezzo chiede di lasciare il Veneto. I primi due comuni veneti hanno votato il passaggio con il Trentino, il terzo, la perla delle Dolomiti aspira invece all’annessione con l’alto Adige. Affinità culturali ladine, spiegano i promotori. O la consapevolezza della scelta di un soggetto più forte, in termini di autonomia e sistema turistico territoriale. Per la verità con Cortina, altri due comuni veneti – Livinallongo e Colle Santa Lucia – hanno votato il referendum “secessionista” per il passaggio all’Alto Adige, provincia a statuto speciale. Secondo le ultime proiezioni, a Cortina i sì hanno superato l’80%, ma in tutti e tre i comuni il “si” ha raggiunto il quorum. La vittoria non sfuggirà al comitato promotore. L’unico dato definitivo, per ora, è quello di Livinallongo, con 824 favorevoli su 965 schede totali. A gioire è anche l’Unione Ladina, che vede così avvicinarsi il sogno (utopia) di una regione unica e di un’unità politica: i ladini sono ora divisi tra Alto Adige, Trentino e Veneto. Mentre il Trentino ha accolto le richieste dei cugini veneti con un certo distacco, forse con un pizzico di imbarazzo, l’Alto Adige, per bocca del suo Obman Luis Durnwalder non ha chiuso la porta. Anzi. “Se riusciranno a risolvere i loro problemi – ha spiegato il governatore e comandante altoatesino – noi li accoglieremo a braccia aperte”. Facile immaginare la reazione dell’altro governatore, quel Giancarlo Galan, tessera forzista ma carattere leghista, che ha più volte attaccato i privilegi delle ricche province autonomiste e ha minacciato il ricorso alla Corte Costituzionale pur di bloccare la diaspora dei comuni di confine. Questa volta la posta in palio è più alta: Comuni come Lamon, comune del feltrino noto per i suoi fagioli, e, in parte, Asiago non hanno alcun interesse strategico, Cortina significa per il Veneto il turismo di montagna. Cortina, con Venezia, sono i due biglietti da visita del Veneto nel mondo, le località più famose. Difficile pensare che Galan accetti di buon grado di perdere uno dei due motori turistici del Veneto. Cortina, in ogni caso, pare intenzionato ad andare avanti per la sua strada che in quanto a difficoltà (per ritornare alle parole di Durnwalder) è più ripida e impegnativa dei tornanti del passo dello Stelvio. I soldi e l’autonomia pressoché totale rispetto a Roma sono una prospettiva più che sufficiente. Se non altro, ora la Regione Veneto sarà costretta a “prestare maggiore attenzione” alle richieste di Cortina, che ha una gran voglia di infrastrutture per un’operazione di lifting turistico. Un solo esempio: Cortina è candidata ad ospitare i Mondiali di sci del 2013. Ebbene, per la candidatura è necessario un fondo di almeno 1 milione di euro, a cui la Regione Veneto ha contribuito con soli 2 mila euro. Un’inezia. Tutto il resto è affidato alle capacità di found raising degli ampezzani, i quali possono contare sui facoltosi ospiti della località. Con l’Alto Adige la situazione sarebbe stata ben diversa e la copertura pubblica avrebbe raggiunto agevolmente il 70 – 80 per cento. Per non parlare dei finanziamenti garantiti ad albergatori, strade, parchi e impianti di risalita. Insomma, una manna per chi, come gli ampezzani, hanno vissuto fino ad oggi degli spiccioli elargiti dalla Regione o dallo Stato. E che la questione sia soprattutto finanziaria ne è convinto anche lo scrittore Mario Rigoni Stern, contrario al passaggio di Asiago al Trentino. Vil denaro a parte ed escludendo la questione etnica, la ragione rimane tutta economica e la questione politica. Il Veneto lamenterà l’attacco ai confini regionali, cercando di rilanciare la richiesta di maggiore autonomia e di riequilibrio dei privilegi dei cugini (probabilmente poco amati, sicuramente invidiati) trentini e sudtirolesi. E qui sta il nodo: nessun governo ha saputo dare vita ad una vera riforma, garantendo maggiore autonomia politica e finanziaria alle Regioni. Non lo ha fatto, il governo Berlusconi con i suoi ministri leghisti, capaci solo di varare un abbozzo di riforma, non lo ha fatto il centrosinistra con Prodi. Esiste in Italia un partito trasversale che non intende cedere o demandare ad altri il potere centrale dato dai finanziamenti agli enti locali. Con buona pace di Cortina e degli altri comuni, veneti e piemontesi, che guardano alle Regioni a statuto speciale come panacea ai propri problemi di territori marginali. Per loro c’è uno scoglio in più: cambiare i confini di una Regione è possibile solo cambiando la Costituzione. E in Italia nulla è più immutabile della legge fondamentale. ∞

Ps. Avviso ai colleghi giornalisti della stampa nazionale: Cortina chiede di passare all’Alto Adige e non al Trentino. Tra Trento e Bolzano la distanza è la stessa che tra Lubiana e Belgrado…

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In Giappone dimentichi e ritrovi

 Capita di dimenticare oggetti personali in una stanza di algergo. L’altro ieri, in arrivo a Osaka con destinazione Kobe, ho lasciato nella presa della camera del Granvia Hotel, un albergone costruito dentro la stazione centrale della città, l’intero set di riduttori elettrici (una sorta di cubo con le presine buone per tutti i pese del mondo) e quello giapponese, logicamente, nella presa. Tre giorni dopo, finito il lavoro di test antisismici al laboratorio di Miki, per conto del Cnr e del Trentino, sono ritornato ad Osaka nello stesso albergo. Alla tipa della reception ho chiesto – senza molte speranze – se avessero ritrovato quel robino di modesto valore ma preziosissimo per chi, come me, passa del tempo a ricaricare cellari, laptop, ipod e macchina fotografica. Risposta, con il sorriso di circostanza e con un inglese/giapponese approssimativo: “Gentile signore, se lo ha dimenticatgo da noi provvederemo a recapitarglielo in camera. Il tempo di farmi 34 piani in ascensore e girare la chiave della camera 3315: magicamente il cubo wolrd wide era già li, sul mioletto. Grazie Giappone. ∞

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La ricerca vale il 5 per mille

Gianluca Salvatori Gianluca Salvatori, assessore alla ricerca e innovazione in Trentino, è un politico atipico. Non è un politico se si considera che non è stato eletto ma chiamato dal governatore Lorenzo Dellai a dare una prospettiva ad un settore strategico per la regione alpina piccola, ricca e ambiziosa. Lui, con un passato di ricercatore e un presente da politico (non amministratore, si badi bene). E politico, Gianluca lo è nei fatti,  nel senso che in quattro anni ha messo in piedi una riforma sulla ricerca e ha annodato i fili di un Trentino aperto al mondo (e non chiuso in se stesso) e innovatore. Non stupisce, quindi, se oggi Salvatori, sull’home page del Sole 24 Ore, rilancia la proposta del 5 per mille “stabile e senza limiti” a favore della ricerca. “Investire in ricerca significa credere nel futuro del Paese – spiega il ricercatore prestato alla politica -. Si può girare la questione in molti modi ma la sostanza di fondo è questa. Una società con un’idea di sviluppo in cui è determinante il ruolo della conoscenza non può fare a meno di strutture di ricerca qualificate e di ricercatori profondamente motivati. E queste strutture e questi ricercatori non possono fare a meno del sostegno del Paese, inteso non solo come istituzioni pubbliche ma anche come singoli cittadini. Per questo l’introduzione nel 2006 del 5 per mille Irpef, destinato alla ricerca e al volontariato, è stata una buona idea. Quasi due italiani su tre hanno subito aderito, con uno slancio inaspettato. Il 5 per mille non è destinato a cambiare le sorti della ricerca italiana. Tuttavia esprime una volontà chiara dei cittadini nei confronti di un settore che gode altrimenti di un’attenzione solo intermittente (per usare un eufemismo)…”.
Destinare il 5 per mille al futuro del paese è non solo una buona idea ma un obbligo per quanti credono che nella ricerca come fattore di sviluppo di una nazione, di un territorio. La ricerca non è un’isola felice, a sé stante, ma deve entrare a far parte nell’agenda politica e nei piani economici del paese. L’Italia ha bisogno di politici anomali. ∞

Gianluca Salvatori firma un blog su Nova100.  

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Jurka, l’agonia di un’orsa anomala

Jurka nel serraglio di San Romedio Jurka è senz’altro l’orsa più famosa d’Italia. Non fosse altro per essere stata la madre dei due cuccioli, JJ1 e JJ2, che hanno scorazzato per le Alpi, prima di essere finiti a colpi di fucile in Baviera o nei boschi tra il Tirolo e la Svizzera. Jurka si è guadagnata la simpatia del pubblico (e l’antipatia di molti locali) per le incursioni nelle baite e i paesi del Trentino. Una notorietà che gli è costata cara, ovvero l’ergastolo in un recinto a San Romedio, eremo del Trentino dedicato al santo che, la leggenda vuole, accompagnato proprio da un orso. Jurka è un’orsa estremamente intelligente: non lo dico io, ma gli uomini che per anni ne hanno seguito e studiato gli spostamenti e le abitudini. E proprio questa intelligenze gli è costata la libertà. Lei si era abituata alla presenza dell’uomo, lei era stata abituata proprio dall’uomo a ricevere il cibo nei giardinetti delle baite della valle di Tovel, dove qualche scriteriato, desideroso di fotografare il plantigrado, le serviva i resti dei pasti. E’ per questo (e non solo) che, affamata, cercava il cibo vicino ai centri abitati e nelle baite. In sei anni ha fatto qualche vittima tra pecore e mucche, sollevando le proteste degli allevatori: nulla a confronto dei danni che ogni anno cervi, cinghiali e cani provocano nel loro girovagare. Mai aveva osato avvicinarsi all’uomo o, peggio, attaccarlo. Sempre gli stessi che l’hanno studiata, raccontano di un animale che sapeva come muoversi e conosceva le abitudini dei bipedi evoluti. Un esempio: nel lago di Tovel andava a rinfrescarsi ma solo dopo che l’ultimo turista aveva lasciato la spiaggia. Chi l’ha incontrata più volte, racconta ancora di un’orsa capace di osservare l’estraneo a poche decine di metri e, magari, mettersi a riposare poco lontano. Ma, si sa, l’orso fa notizia (e qui potremmo parlare del ruolo dell’informazione, ma lasciamo perdere), mentre cervi e cinghiali (questi ultimi introdotti in Trentino dai cacciatori) non la fanno. Un quotidianto di Trento ci informa oggi che Jurka è stata narcotizzata e sterilizzata. Nelle settimane trascorse in prigione, l’orsa aveva mostrato segni di irrequietezza: un animale abituato a percorrere anche 30 chilometri al giorno, non accetta di buon grado un fazzoletto chiuso da grate e cancelli. Alcune foto la ritraggono appollaiata in cima ad un albergo mentre scruta oltre il serraglio. E un’orsa inquieta rimane comunque un problema, destinato ad acquirsi se l’orsa è Jurka, la furba, la scaltra, la più agile di tutti, che rischia veramente di inventarsi l’ultima acrobazia quando in corpo cresce il livello degli ormoni dell’amore. Allora, che fare? Meglio sterilizzarla e toglierle anche quest’ultimo istinto naturale. Detto, fatto. Ora Jurka è in convalescenza postoperatoria nel serraglio di San Romedio. Prima di lei, altre due orse – quelle rinchiuse nel serraglio di Spormaggiore – hanno subito la stessa sorte perché capaci di richiamare nella stagione dell’amore il maschio più forte della comunità, fino a scavalcare il recinto per un atto naturale. Il Trentino ha scommesso coraggiosamente sul progetto Life Ursus e sulla reintroduzione della specie nelle Dolomiti e nel Parco Adamello Brenta, ma ancora una volta sono gli animali a rischiare di pagare il prezzo più alto. E’ possibile pensare di continuare rinchiudere e sterilizzare gli orsi per evitare ogni possibile problema a noi umani che proprio quegli orsi abbiamo voluto, tanto da andare a prendere in Slovenia? No, non possiamo pensare di piegare ogni anomalia animale alla regola (ma quale?) umana. Quanto al destino di Jurka, oggi la penso come quel guardaparco che ieri, con le lacrime agli occhi, mi disse: “Catturare Jurka? Meglio ucciderla, evitando una vita di agonia”. Credo che anche l’orsa intelligente la pensi come noi. ∞

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L’uomo non ama l’orso

orso-ucciso.jpg Tempi duri per gli orsi italiani. Jurka, l’orsa trentina balzata agli onori delle cronache per le scorribande tra baite e casolari trentini, è stata catturata e costretta in un serraglio. Peggio è andata ai suoi primi due cuccioli JJ1 e JJ2, impallinati lo scorso anno tra la Baviera e la Svizzera. Ora tocca agli orsi del Parco nazionale d’Abruzzo, vittime di una vera e propria strage. Dopo la tragica scoperta negli scorsi giorni di due carcasse – Bernardo e la sua “compagna” – nei pressi di Gioia dei Marsi, nel cuore del parco, un terzo esemplare è stato ritrovato senza vita dagli uomini del Corpo forestale. Il sospetto è che i plantigradi siano stati avvelenati da sconosciuti. Il Wwf ha annunciato una taglia di 10mila euro per chi “consegnerà i responsabili alla giustizia”. Nell’areale del parco frequentato dagli orsi sarebbero state abbandonate carcasse di capra avvelenate che avrebbero causato la morte dei plantigradi, forse con l’obiettivo di uccide Bernardo, un orso considerato problematico. La mattanza rischia di compromettere il futuro dell’orso marsicano. Secondo alcuni esperti il numero – tra i 30 e i 50 – sarebbe al di sotto del limite per garantire una crescita geneticamente forte della comunità. Ancora una volta, quindi, l’uomo si dimostra il peggior nemico dell’orso, animale considerato pericolo nella cultura popolare ma che, almeno quello insediato nell’area mediterranea (Spagna, Grecia, Albania, Kosovo, Slovenia e Italia), non ha un’indole aggressiva nei confronti dell’uomo. Negli ultimi anni, in questi paesi sono stati rarissimi i casi di aggressioni nei confronti di persone, una statistica non paragonabile – ad esempio – al numero di incidenti dovuti ad alcune razze canine (ad incominciare dai rottweiler), che noi alleviamo tranquillamente nel giardino di casa.

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Referendum cancellato

seggio.jpeg In Trentino, il referendum contro il finanziamento delle scuole private non ha raggiunto il quorum. Nella giornata di ieri  solo il 18,9% degli aventi diritto, circa 75 mila su 405  si è presentato alle urne. Ha vinto l’astensionismo con buona pace di quanti hanno invitato gli elettori a non esercitare il loro diritto/dovere. Se questa è la politica…

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Referundum in silenzio

refrendum-trentino.jpeg Oggi in Trentino si vota. Il referendum per l’abrogazione dei finanziamenti pubblici alle scuole private apre i seggi agli elettori. E’ la tornata elettorale passata più in silenzio e meno nota di tutti i tempi. Ieri, giorno di vigilia, il giornale più diffuso in Trentino, l’Adige, non riportava in prima pagina alcuna notizia. Della Stampa invece l’articolo più bello. Molti partiti hanno invitato a non andare al seggio: cattivo consiglio della politica che all’occorrenza ci ricorda il diritto/dovere del voto, salvo poi invitare tutti, per convenienza ad andare al voto. Cattivo consiglio. Io, da laico, ci andrò. Sì, andrò a votare.

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