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Cara, carissima Sanità Italiana (e Trentina)

Cara, carissima sanità. E’ un periodo che mi incazzo facilmente. Lo ammetto. Ma oggi abbiamo superato il limite.

Nel mio bel Trentino, dove tutto funziona, faccio una visita medica al dannato ginocchio sinistro che da 30 anni mi provoca più sofferenze che soddisfazioni (peggio del centrosinistra…). Vado dal medico di base e mi faccio prescrivere una risonanza magnetica, dopo un po’ di lista d’attesa vado in ospedale e faccio le radiografie. Siccome fatico a camminare, scelgo la via breve della visita a pagamento (mica posso aspettare qc settimana o mese con un ginocchio a melone…).

Ve la faccio breve e passo direttamente al conto: 120 euro di visita privata (hai voluto la visita privata subito, paga, che importa se dovevi aspettare giorni… lo stesso medico a pagamento c’è in poche ore), 83 euro di una ginocchiera (venduta dalla fisioterapista dello stesso studio medico privato, nella foto accanto), 285 euro per numero tre iniezioni da fare al ginocchio (farmaco americano, fuori tabellario italiano e da acquistare direttamente presso l’importatore di Venezia. “Non è oleoso ma viscoso e quindi è più efficace”, mi vasellina lo specialista al quale sono sempre più tentato di rompere un testicolo con un calcio ben piazzato da sotto il tavolo modello Ikea), 60 euro a ogni seduta per le tre “punture” (indovinate chi me le farà… sì, proprio lui, l’algido specialista privato), più il plantarino che un altro specialista dello stesso studio dello specialista mi farà, previa visita privata a pagamento (ovvio!!!). Totale ad oggi: circa 550 euro, plantare e prossima visita esclusa. Trentino: abitanti meno di 500 mila, spesa sanitaria 1 miliardo di euro. Posso incazzarmi? Ma come fa la gente che non si può permettere tutto questo?

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Berlusconi e un governo molto azzurro

Il quarto governo Berlusconi è targato Forza Italia. Il partito del premier Berlusconi porta a casa otto incarichi tra i ministri con portafoglio mentre gli altri quattro sono distribuiti tra An e Lega. E gli azzurri si assicurano anche quattro dei nove ministri senza portafoglio: i restanti vanno due alla Lega, due per An e uno per Gianfranco Rotondi (Dc). La composizione dell’esecutivo fa capire come il Centrodestra (ovvero Berlusconi) ha letto la vittoria elettorale, proclamando i vincitori (Forza Italia, seguita da An).

La squadra di governo su cui l’Italia conta di ricominciare la legislatura è dunque la seguente: Franco Frattini (Fi) agli Esteri, Roberto Maroni (Lega Nord) all’Interno, Angelino Alfano (Fi) alla Giustizia; Ignazio La Russa (An) alla Difesa; Giulio Tremonti (Fi) all’Economia; Claudio Scajola (Fi) allo Sviluppo economico; Luca Zaia (Lega) alle Politiche agricole, Stefania Prestigiacomo (Fi) all’Ambiente, Altero Matteoli (An) all’Infrastrutture; Maurizio Sacconi (Fi) al Welfare, Maria Stella Gelmini (Fi) alla Pubblica Istruzione, Sandro Bondi (Fi) ai Beni Culturali.

I 9 ministri senza portafoglio, che accontenta gli esclusi e bilancia gli equilibri interni, si apre con Umberto Bossi (Lega) alle Riforme; Raffaele Fitto (Fi) ai Rapporti con le Regioni e Elio Vito (Fi), che perde la Giustizia ma va ai Rapporti con il Parlamento, Andrea Ronchi (An) alle Politiche europee; Renato Brunetta (Fi) alla Pubblica amministrazione e Innovazione; Roberto Calderoli (Lega) alla Semplificazione; Giorgia Meloni (An) alle Politiche giovanili; Mara Carfagna (Fi) alle Pari Opportunità; Gianfranco Rotondi (Dc), che strappa il ministero dell’Attuazione del programma.

La lista degli esclusi eccellenti comprende con Michela Brambilla (bruciata dalla Prestigiacomo ma che sarà, come ha assicurato Berlusconi il viceministro della Sanità), Lucio Stanca (sorpassato da Brunetta) e Adriana Poli Bortone che doveva andare alla Politiche comunitarie.

Buon lavoro al Governo, più giovane del precedente e forte di una maggioranza vera. ∞

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Il Vaticano irrompe nella campagna elettorale italiana

Il papa con il cardinale Bertoni

Un amico ben introdotto in Vaticano, (è una delle poche frequentazioni che gli rinfaccio…, ndr.) mi spiegava dell’assoluta intesa tra il papa Benedetto XVI e i suoi più stretti collaboratori, in particolare il numero due della gerarchia cattolica, il cardinale Tarcisio Bertoni. Mi ha colpito ieri l’uscita dei due pressoché in contemporanea.
“L’uomo rimane uomo con tutta la sua dignità, anche quando è un embrione o in stato di coma”, ha ribadito Benedetto XVI nella navata di San Lorenzo in Piscibus, in occasione dei 25 anni del ‘Centro Giovanile Internazionale”. Il nuovo monito del pontefice è arrivato nel corso di in un’omelia a braccio tutta incentrata sul significato della vita e della morte.

Pochi minuti e da Baku, capitale dell’Azeirbagian dove si trova in visita pastorale, il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, auspica che i leader dei vari schieramenti politici italiani mettano in atto “il rispetto promesso ai valori cristiani”.

E’ inevitabile il collegamento tra gli interventi del Papa e quello del suo numero due. Il dibattito pre-elettorale è destinato quindi a strascichi di polemiche sui temi etici dell’eutanasia, dell’aborto e della legge 194, con una tempistica dettata da uno Stato estero: il Vaticano. Quando sarà possibile uno Stato che permetta ad un individuo di scegliere in coscienza senza le speculazioni e le forzature dettate da posizioni religiose. ∞

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Ricerca medica e l’oscurantismo cattolico

In Italia la ricerca medica è ancora ostaggio della Chiesa cattolica La difesa dell’associazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri dell’aborto, pillola del giorno dopo, diagnosi pre-impianto nella fecondazione assistita e assistenza ai neonati estremamente prematuri (questo il documento della Fnomceo) fa infuriare Avvenire, il quotidiano della Cei che lo definisce addirittura un falso e fantomatico.  Oggi il papa Benedetto XVI torna a parlare di “salvaguardia e rispetto” della vita.

La reazione dei medici alle posizioni del quotidiano cattolico è molto dura: “L’accusa di falso è offensiva: non scherziamo su queste cose”, ribatte il presidente dell’ordine dei medici di Firenze Antonio Panti.

 Nel servizio del giornale della Cei si parla di “strane manovre” che avrebbero fatto sì che alle agenzie di stampa fosse stato inviato “un fantomatico documento” mentre invece, secondo le parole riportate dal quotidiano dei vescovi di Valerio Brucoli, componente del comitato sulla deontologia della Fnomceo, “Nel consiglio nazionale sono state lette 14 relazioni dei gruppi di lavoro, ma non sono state nè votate nè approvate. In particolare quella relativa ai temi etici (e che ora viene presentata come la posizione della Fnomceo) è solo una delle posizioni espresse al comitato etico, quindi un’opinione personale”.

Indignata la replica del presidente dell’Ordine dei Medici fiorentino, Panti: “Faccio parte del comitato ristretto che ha redatto il documento. Un gruppo dove ci sono anche esponenti di varie filosofie”, ha riferito Panti. Il dibattito è stato intenso nel comitato ristretto e il documento scaturito “è stato distribuito in cartella già venerdì mattina e illustrato, insieme ad altri documenti presenti in cartella, ai presidenti degli ordini. Non è stato cambiato nessun testo. E’ stato approvato tal quale”.

L’intransigenza della Chiesa, anche di fronte alle evidenze della scienza, mi ricorda la vicenda di uno dei geni italiani che rischiò la vita per aver affermato che è la terra a girare attorno al sole e non viceversa, come invece sosteneva ai quei tempi la Chiesa. E l’Italia continua a pagare, soprattutto nel campo della ricerca medica, la chiusura e l’oscurantismo cattolico, mentre nel resto degli Stai moderni la scienza è libera di camminare senza lacciuoli confessionali. E’ questa forza che l’Italia ancora non conosce, demerito di una politica spalmata sui diktat dello Stato del Vaticano, desiderosa sola di incassare il voto cattolico.

Da uomo e da laico rivendico il diritto di scegliere come e quando morire di fronte ad un male incurabile, sostengo la ricerca medica che mi offre una prospettiva sul futuro dei miei figli o quello dei miei nipoti. Ma la Vaticano questo non piace e in nome della sua verità impone delle regole confessionali. Che tristezza. ∞

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Sanità in Calabria, nemmeno Cetto avrebbe fatto meglio

Gli arresti della scorsa settimana in Calabria per lo scandalo sanità mi hanno fatto ricordare un personaggio comico: Cetto La Qualunque. Ancora una volta, Antonio Albanese ha avuto ragione con i suoi personaggi.
Albanese, da comico serio, ha girato l’Italia in lungo e in largo per avere un’idea del politico medio e un po’ maneggione. Così è nato Cetto La Qualunque.
Cetto la Qualunque però si è materializzato in carne e ossa (e manette) nel consigliere regionale Domenico Crea, arrestato nell’ambito dell’inchiesta “Onorata Sanità”, filone d’indagine sull’omicidio di Francesco Fortugno, il vicepresidente del consiglio regionale della Calabria ucciso a Locri nell’ottobre del 2005.
Fra gli arrestati figurano elementi organici alla cosca del boss Giuseppe “Tiradritto” Morabito. Il provvedimento ha colpito anche Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, due degli imputati – come mandanti – per l’uccisione di Fortugno.
Perché Crea assomiglia e La Qualunque? Domenica Crea aveva comprato in contanti per oltre un miliardo di lire e qualche anno fa la clinica privata Anya di Melito Porto Salvo, l’aveva intestata alla moglie e il figlio Antonio Crea, 29 anni, medico, era diventato direttore sanitario della clinica, ora sotto sequestro.
Volete conoscere gli orrori della clinica privata? Leggete le intercettazioni… Per fortuna esistono e si possono ancora pubblicare. Sono la nostra unica difesa contro una classe politica corrotta e con la pretesa dell’immunità. ∞

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Il topo è il migliore amico dell’uomo

Topi in laboratorio Quando li vediamo, li evitiamo. Qualcuno ne ha addirittura il terrore. Eppure a loro, i topi, ci rivolgiamo per curarci le nostre malattie. E’ di queste ore la notizia che degli scienziati dell’Università del Kentucky (Stati Uniti) hanno “costruiscono” in laboratorio un roditore dotato del gene Par-4, in grado di produrre una particolare proteina che attacco le cellule tumorali e non quelle sane. In futuro ci attendono cure senza effetti collaterali. Se è davvero così si tratta davvero di una “scoperta meravigliosa”. ∞

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Bangladesh, catastrofe senza cifre

Le immagini del ciclone Sidr, in Bangladesh Il ciclone Sidr ha devastato il distretto di Bagerhat, in Bangladesh, una delle nazioni più povere al mondo. Da questo angolo di Asia, affacciato sul Golfo del Bengala, arrivano le immagini della devastazione e della furia con cui il fiume Bolessar si è abbattuto su villaggi e centri abitati. Immagini a parte, non è dato ancora a sapersi, dopo tre giorni, il numero approssimativo dei morti: il ministero della Protezione civile parla di 3.113 morti ma la Mezzaluna Rossa (l’equivalente della Croce Rossa nei paesi a maggioranza islamica) e altre fonti azzardano una previsione tra le 5 e le 10 mila vittime. Almeno il 90 per cento del raccolto, unica fonte di sostentamento per i locali, è andato perduto. Rimane alto il rischio di epidemie.

E’ incredibile come un numero così alto di persone possa “sparire” senza che ci sia la possibilità di avanzare in tempi ragionevoli una prima stima. In questi casi ci si rende conto dell’esistenza di milioni di persone senza un’anagrafe, senza un registro che tenga conto della loro esistenza. Sono le periferie dei paesi più poveri, senza infrastrutture e servizi, sprovvisti di tutto, dove uno può nascere e morire senza lasciare traccia. E, ancora, in questi casi ci si rende conto di quanto sia difficile individuare gli interventi nelle zone più colpite, dove si conosce l’esistenza di persone ma si ignora il loro numero e le loro condizioni.

E anche in questa occasione, i media italiani aiutano a comprendere la portata della tragedia…

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Il popolo degli invisibili

Bambini di strada Li chiamano gli “invisibili” oppure, come in India e Nepal, gli “intoccabili”. Sono il popolo che non esiste: milioni di persone che vivono una vita di stenti e non hanno cittadinanza, semplicemente perché non sono registrati. Se nascono, nessuno li conta, se muoiono non lasciano traccia. Esseri umani invisibili. Sono come ombre nel grande gioco della statistica mondiale. Eppure sono milioni, dall’Asia all’Africa, al Sud America. Sono il popolo delle favelas brasiliane o delle baraccopoli indiane e africane, ma anche delle tribù indigene sparse nelle foreste di mezzo mondo. Di loro si occupa la rivista “The Lancet” nel numero speciale “Who Counts?” (Chi conta?), che è stato presentato oggi a Pechino per lanciare una campagna per esaminare lo stato del paese e certificare gli sforzi affinché nascita, morte e causa di morte di ognuno sia certificata. Il fenomeno riguarda oltre 48 milioni di bimbi: un dato abbozzato, calcolato a spanne. Addirittura nei paesi più poveri 3 nascite su 4 non vengono mai registrate e questo riguarda il 40% nel mondo. “Meno di un terzo della popolazione mondiale – denuncia il direttore di Lancet, Richard Horton – è coperto da dati accurati su nascite e morti. Questo scandalo dell’invisibilità significa che milioni di esseri umani nascono e muoiono senza lasciare traccia della propria esistenza, oltre tre quarti dei quali in Africa sub-sahariana e Sud-Est asiatico”. Gli invisibili sono il serbatoio principale per il traffico di organi umani: il bambino di strada di Nairobi o San Paolo, abbandonato dai genitori e destinato a vivere in strada, può sparire ed essere fatto a pezzi (perché questo succede) senza che qualcuno ne denunci la scomparsa. Molti bambini invisibili finiscono nelle mani di organizzazioni criminali che fanno delle adozioni internazionali un business milioniario, con la complicità delle famiglie occidentali che pur di portarsi a casa il nuovo figlio non chiedono molte spiegazioni sulla provenienza dei piccoli. La casistica conta un’infinità di esempi aberranti: una vera e propria galleria degli orrori umani. “Se nei paesi sviluppati il 100% delle nascite è registrato di routine – riferisce all’Ansa Carla AbouZahr dell’Health Metrics Network dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – in quelli in via di sviluppo ben il 40% non lo è, ovvero oltre 48 milioni di bimbi e nei paesi più poveri 3 nascite su 4 non vengono mai registrate; in Africa sub-sahariana un bimbo su due; in Sud-Est asiatico 2 su 3. E la situazione è peggio per i decessi. Globalmente solo un terzo dei paesi ha buoni dati su decessi e loro cause. Meno del 10% dei decessi in Africa è registrato”. Ben 68 paesi, denuncia Prasanta Mahapatra, Institute of Health Systems di Hyderabad in India, tra cui molti Africani, la Corea del Nord, Andorra, Timor Est, non inviano all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) neanche un dato sulle cause di morte dei propri cittadini. Invece, registrando e monitorando nel tempo le cause di decesso, si può fare tanto in termini di prevenzione. In India il monitoraggio accurato delle nascite ha permesso di smascherare l’odiosa pratica degli aborti dei feti di sesso femminile”. C’è tutto da fare e costruire: ancora oggi non esiste nessuna agenzia delle Nazioni Unite con la responsabilità di registrare nascite e decessi. L’attenzione dei Grandi è rivolta altrove e pochi contrastano forme di sfruttamento e di degrado sociale. Tre anni fa ho lavorato ad un documentario sugli “intoccabili” in Nepal, ovvero coloro che sono fuori dalle caste, gli ultimi degli ultimi, e che la gente non sfiora nemmeno perché impuri. Se uno di loro tocca un bicchiere di latte o un contenitore, è d’obbligo buttare il contenuto. “Maheela” (Donna) era il titolo del documentario. E’ stata una delle esperienze più forti della mia vita. ∞

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La coscienza del Vaticano

Benedetto XVI Un’altra tagliola alla libertà è stata stesa dal sommo Pontefice, Papa Benedetto XVI, il quale si appella all’obiezione di coscienza per restingere le libertà altrui. Questa volta il grimaldello della libera coscienza viene brandito a proposito di farmacisti. “L’obiezione di coscienza dei farmacisti è un diritto riconosciuto quando si tratta di fornire medicine che abbiano scopi chiaramente immorali, come per esempio l’aborto e l’eutanasia”, pontifica il Pastore venuto dalla Germania ai membri della Federazione internazionale dei farmacisti cattolici. Il Papa non pronuncia il nome della pillola abortiva o l’eutanasia, ma il riferimento sembra esplicito. Libertà per libertà: i farmacisti osservanti abbiano la cortesia di affiggere fuori dal loro pubblico esercizio le parole di Benedetto XVI. Almeno noi, pazienti laici, saremo liberi di sceglierci un’altra farmacia. ∞

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Cocaina, questione di naso

Cocaina, il consumo sale Hai il naso bruciato dalla cocaina? Mettiti in lista d’attesa. Per rifarti i canali di aspirazione devi aspettare cinque mesi in una clinica privata e un anno e mezzo in un ospedale pubblico. Nel secondo caso, la segnalazione alla polizia è quasi automatica. Il dato arriva dal Congresso di Federserd, la federazione degli operatori pubblici delle dipendenze, in corso a Sorrento che ha trovato il modo di farsi pubblicità con una notizia curiosa che farà il giro di tutti i media e che logicamente non si occuperanno delle altre questioni del consesso. Non mi va di giudicare di chi decide liberamente di fulminarsi cervello e vie respiratorie con la polverina magica. A preoccuparmi sono le liste di attesa degli ospedali, già lunghe per chi ha davvero problemi sanitari seri. La speranza è che a pagare il conto non siano i malati veri, già costretti a penose attese per una sanità pubblica inadeguata. ∞

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Il mondo ha fame

La fame e le malattie uccidono soprattutto i bambini Al mondo sono 820 milioni le persone che patiscono la fame: una su sette non ha riconosciuto, di fatto, il diritto all’alimentazione che, con la libertà personale e la vita, è uno dei diritti inalienabili dell’uomo. Eppure al mondo di produce cibo sufficiente per tutta la popolazione. Proprio al diritto all’alimentazione, la Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, dedica quest’anno la Giornata Mondiale dell’Alimentazione. A undici anni dal Vertice Mondiale dell’alimentazione del 1996, il numero delle persone sottonutrite nel mondo rimane alto, con 820 milioni nei Paesi in via di sviluppo, 25 milioni nei Paesi in transizione e 9 milioni nei Paesi industrializzati. Secondo i dati ufficiali, i prezzi degli alimenti base, come il grano e il latte, stanno crescendo vertiginosamente. Tre le cause: cambiamento climatico che incide sui raccolti, la crescente produzione di biocarburanti e l’aumento della domanda e dei consumi da parte dei mercati emergenti (Cina e Asia). “Questi fattori sembrano tutti lavorare contro di noi – ha detto Josette Sheeran, direttore esecutivo del Pam – minacciando di trasformarsi in un ciclone di bisogni irrefrenabili”. Il mondo si tornerà a mobilitare ma nessun cambiamento risolutivo sembra appalesarsi all’orizzonte: ad esempio, le spese militari continueranno a dragare fiumi di denaro dalle casse dei popoli in misura ben superiore al fabbisogno alimentare del mondo. Noi parliamo di scudo spaziale mentre la gente continuerà a vivere male e a morire di fame. Populismo? Certo che sì. Ma cosa faremmo se nostro figlio fosse nelle condizioni del bimbo della foto? Io impazzirei. ∞

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Nobel impossibile in Italia

Il Premio Nobel, Mario Capecchi L’Italia si gode il suo Premio Nobel per la medicina. Mario Renato Capecchi è nato a Verona nel 1937 e con l’inglese Martin J. Evans e l’americano Oliver Smithies sono stati premiati per gli studi e le scoperte sulle cellule staminali embrionali, lavorando sui topi di laboratorio. “Straordinari ingegneri del Dna” li hanno definiti i membri comitato scientifico del Karolinska Institute di Stoccolma nell’assegnare loro il prestigioso riconoscimento. I loro studi hanno portato a individuare una tecnica conosciuta come «gene targeting» e definita di «immensa importanza» dal mondo scientifico che da tempo considerava professor Capecchi il candidato naturale al Nobel. Giornali e televisioni hanno fatto il pieno nel presentare l’illustre connazionale. Peccato però che il Nobel italico sia nato e cresciuto, scientificamente parlando, negli Stati Uniti: Capecchi, emigrato con la famiglia a soli 9 anni, si è diplomato in chimica e fisica all’Antioch College nel 1961 e ha maturato il Ph.D. in biofisica ad Harvard, nel 1967, con una tesi di dottorato in biologia molecolare, con il premio Nobel James D. Watson. Ma che di più: Capecchi in Italia non avrebbe mai potuto lavorare e portare avanti la sua ricerca. Ed è un rimpianto che il Nobel non ha taciuto dal palco di Stoccolma: “Non avrei messo a frutto i miei studi in Italia, dove la ricerca sulle staminali embrionali è vietata, ma in un futuro non lontano anche l’Italia sarà costretta a cambiare politica — spiega lo scienziato — perché così vuole l’opinione pubblica. E perché anche gli individui più devoti hanno il dovere morale di battersi per curare chi già vive e soffre e non solo chi non è mai nato». Qualcuno vuole informare il Vaticano e qualche politica nostrano, sempre pronto ad allinearsi all’ombra di San Pietro? ∞

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Proibire ai ragazzi

alcol-e-giovani.jpeg La proposta della ministra Livia Turco è chiara: “Niente alcol ai minorenni”. Nessun bar, nessun locale, nessuna discoteca o supermercato potranno vendere o mescere bevande alcoliche a ragazzi con meno di 18 anni. La giustificazione è nelle statistiche dell’Organizzazione mondiale della Sanità, secondo cui gli incidenti mortali da ebbrezza sono la prima causa di morte tra i giovani. Ma la ministra vuole anche, d’intesa con la collega Giovanna Melandri, promuovere una campagna che coinvolga le aziende produttrici, le farmacie e i pubblicitari. Quindi ci attenderà un futuro di spot “politically correct”, etichette choc, kit di autocontrollo, grazie al “Piano nazionale alcol e salute”. Bene, brave. Anzi no. La politica del proibizionismo non ha pagato e non pagherà con i giovani. Che senso ha – all’indomani della sentenza del tribunale di Ascoli nei confronti dello zingaro a Marco Ahmetovic, per la strage di Appignano – proibire qualsiasi bevanda alcolica fino a 18 anni? Nemmeno la birra? Quanti sono quelli che si strafanno di coca la sera o muoiono ubriachi al volante e che hanno la maggiore età? Non è vero che i secondi sono maggiorenni (e quindi liberi di ammazzarsi) e per i più piccoli la salvezza passa anche attraverso il proibizionismo.  Tra la somministrazione responsabile di alcolici e i divieto assoluto c’è di mezzo l’oceano della realtà giovanile. I ministri della Repubblica lanciano il piano d’azione nazionale e, guarda a caso, i ragazzi non sono interlocutori diretti ma “beneficiari” degli interventi. Ma si pensa davvero di risolvere il problema con il kit di autocontrollo? Prevedo le code ai supermercati degli amici maggiorenni che approvvigioneranno gli amici in attesa oltre le casse. Ai ragazzi serve parlare, far capire loro e, solo in ultima istanza, arrivare alla proibizione. Ma pensiamo davvero che tutti i giovani siano ogni sabato sera attaccati alla bottiglia? E che l’alcol sia il loro problema maggiore? Siamo davvero sicuri che questi interventi siano davvero prioritari rispetto ad altri? E nelle scuole cosa si fa contro l’alcol per uno stile di vita responsabile? Suvvia. Come al solito, invece, il divieto è la prima opzione. E con i ragazzi funziona ancora meno. ∞

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