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iPad, le app dei giornali italiani sono nate vecchie

Repubblica e Corriere hanno dato grande risalto in questi giorni all’arrivo di iPad in Italia e, soprattutto, alle loro applicazioni per “leggere il giornale come mai l’avete letto prima”. E’ una bugia, probabilmente detta in buona fede ma rimane sempre una non verità. Le nuove funzionalità non ci sono, arriveranno. I giornali italiani sono già in ritardo.

Le applicazioni di Repubblica+ e Corriere per iPad sono già vecchie ed altro non sono che una riproduzione fotostatica o, se volete, un lettore pdf evoluto per leggere in maniera assolutamente tradizionale e cartacea l’edizione del giorno. Perché allora tanta enfasi? Semplice, perché quelle applicazioni sono a pagamento o richiedono un abbonamento per una lettura full del quotidiano in edicola. Quindi sono un business.

Fin qui nulla di male. Anzi, bene fanno Rep e Corsera ad affacciarsi al mercato digitale e all’online . Ma se Repubblica e Corriere vogliono entrare con applicazioni a pagamento, io – da utente – pretendo il meglio. Provate le applicazioni di Times, del Wall Street Journal (Wsj), Usa To Day o altri quotidiani, anche loro sono a pagamento ma la lettura è la navigazione dentro il quotidiano: esperienza diversa dalla riproduzione che offrono i giornali italiani.

Ai colleghi dei giornali consiglio di guardare ancora più avanti: Popular Scienze+ e The Elements. Questo è il nuovo modo di leggere o, meglio, di vivere un quotidiano o un contenuto online e digitale. Se accettate di entrare in Internet – almeno da un punto di vista tecnologico, di user experience, di grafica, di accessibilità e fruibilità dei contenuti – il quotdiano è oramai Carta Straccia.

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Anche Napolitano su YouTube

Il presidente Napolitano

Dopo la Regina Elisabetta sbarca anche su YouTube il messaggio di fine anno del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il tradizionale discorso a reti unificate del capo dello Stato sarà seguito anche sul web dalla Rai, che la sera del 31 dicembre lo trasmetterà in streaming. Sarà inoltre possibile rivedere il messaggio sul canale Rai presente su YouTube. Chi vuol fare le cose in grande è RaiNet che creerà anche una sezione riservata ai messaggi di tutti i presidenti della Repubblica italiana dalla nascita della tv ad oggi. Purtroppo, al momento, il servizio non è ancora attivo. Se ne riparlerà il prossimo anno… A quando la chat con il Colle o qualche servizio 2.0 con la politica? Auguri. ∞

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Il Nepal volta pagina e abolisce la monarchia

La bandiera del Nepal Il Nepal abolisce la monarchia che ha retto il paese per quasi 250 anni. Il parlamento provvisorio di Katmandu – nato dall’accordo di pace del 2006 tra i principali partiti del paese asiatico con i ribelli maoisti – ha votato oggi l’abolizione del sistema monarchico, sottraendo così il trono a re Gyanendra: a favore hanno votato 270 dei 329 parlamentari, 3 soli i contrari. Astenuti gli altri. Il Nepal ha scelto così di diventare una repubblica democratica federale. La destituzione del re avverrà formalmente dopo le elezioni di aprile che andranno a formare l’assemblea costituente della neorepubblica asiatica.Re Gyanendra è l’ultimo monarca di una dinastia salita al potere nel 1769, quando un leader tribale lanciò il suo esercito alla conquista di Katmandu. Da allora, i monarchi sono stati considerati la reincarnazione del dio induista Vishnu.In realtà, nessuno in Nepal considera davvero Gyanendra la reincarnazione divina, bensì l’erede dispotico e corrotto di monarchia destinata a concludere un ciclo. In molti – e non solo i simpatizzanti del movimento maoista – auspicavano la sua cacciata. Un sentimento che i maoisti hanno saputo interpretare alla perfezione per togliere di mezzo l’ultimo ostacolo formale – la monarchia, appunto – che li separa dal controllo politico del paese: sono loro i favoriti per le elezioni di aprile.Tornando a re Gyanendra e alla sua popolarità, è necessario ricordare che sul monarca pesa il sospetto, forse qualcosa di più, della strage che nel 2001 ucciso l’allora re Birendra e la sua famiglia. Un massacro che le autorità nepalese ascrissero allo stesso re Birendra: fu lui – secondo la ricostruzione ufficiale a cui nessuno crede – ad uccidere la sua famiglia e a suicidarsi. Con un colpo di fucile alla schiena. Sì, perché re Birendra morì per una fucilata sparata alle spalle… E in re Birendra, il popolo vedeva il monarca illuminato in grado di traghettare il paese (uno dei più poveri ed arretrato dell’Asia e del mondo) verso la modernità. Una volta salito al trono, Gyanendra si costruì una fama di repressore e di avido.Durante i miei viaggi in Nepal ho visto personalmente il corteo reale scortare il re al Casinò, dove Gyanendra era solito spendere le proprie serata e vere e proprio fortune ai tavoli da gioco. Nell’ultimo viaggio di due anni fa, trovai un paese in preda alla guerra civile – i maoisti erano ancora fuorilegge e combattevano nelle regioni più periferiche – e sotto il controllo di una polizia feroce contro gli oppositori.Con il voto di oggi, il Nepal ha deciso di voltare pagina. In aprile arriverà la nuova assemblea chiamata ad aprire un ciclo, rilanciando l’economia del paese e costruire l’architettura della Repubblica. Oltre a decretare l’esilio di un tiranno che ha già provveduto a trasferire all’estero il suo immenso patrimonio.  ∞

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Quotidiani e le “bad” news

L’home page di Repubblica Osservo stamani – ore 7,30 – l’hp di Repubblica, dopo aver scorso le altre dei maggiori quotidiani e mi tocca registrare che su 16 notizie, ben 13 erano “negative”. Gli argomenti erano nell’ordine, liti tra partiti (Prodi contro Cashmere Bertinotti, Berlusconi contro il sinistrorso Casini), , violenza sessuali da parte di preti americani su minori, omicidi, strage in un centro commerciale sempre in America, bimbi uccisi dalle mamme in Germania, incidenti sul lavoro, sedicenne morta per una tonsillite e quindi malasanità, le morti provocate dall’obesità in Italia, il faccia a faccia in tribunale dell’omicida con la madre della vittima, l’arresto di un presunto truffatore in Inghilterra. Le altre notizie? Il nucleare in Iran, dove si rischia una guerra a causa di quel pirla di Bush, le carte segrete di Craxi e tangentopoli, Padoa Schioppa che annuncia nuove tasse.

Forse io non capirò più nulla di giornalismo. E’ probabile, se questa è la priorità delle notizie. Se così è, resto intimamente convinto che il mondo, fuori dalle redazioni, non sia tutto beghe politiche, omicidi, tangenti e stupri. Certo, la denuncia pubblica va perseguita per taluni fatti, ma è altrettanto vero che la negatività, le cattive notizie pagano in termini di audience.  Mi chiedo se per “vendere” dobbiamo rincorrere sempre l’immondizia.

L’altro giorno ho incontrato Gilda Farrell, capo del Dipartimento dello sviluppo della coesione sociale del Consiglio d’Europa, la quale mi ha parlato dell’importanza dei media per una società inclusiva, dove gli individui siano maggiormente attenti e sensibili agli altri, a coloro che hanno culture e religioni diverse: “Purtroppo in Italia la situazione è peggiore che in altri paesi europei. Sui giornali e televisioni trova maggiore spazio e per più giorni la notizia del benzinaio morto durante una rapina in un quartiere di Napoli che l’impegno della gente dello stesso quartiere per migliorare la qualità sociale e contrastare la criminalità…”. Abbiamo forse, noi giornalisti, dimenticato che una società e il vivere quotidiano ha più voci, certo più sommesse e meno rumorose delle cattive notizie, ma altrettanto importanti. ∞

Ha ragione Ms. Farrell. Purtroppo ha dannatamente ragione.

ps. Nella conta avevo dimenticato l’unica vera notizia positiva riportata da Rep: l’Inter allunga in campionato. E da interista è un bel leggere.

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Il compagno in cashmere è tornato

Fausto “cashmere” Bertinotti Intervista di Repubblica a Fausto Bertinotti, il compagno in cashmere che pur di tenerle buono e non farlo parlare, Prodi e gli ha affidato la carica di presidente della Camera. Lui – che sulle spalle ha già la caduta di un governo Prodi – non riesce proprio a trattenersi: sabato prossimo c’è il primo meeting della Cosa Rossa e lui, da leader, deve marcare il campo. come? Sparando più alto di tutti. E ci riesce. Sentite: “Dobbiamo prenderne atto: questo centrosinistra ha fallito. La grande ambizione con la quale avevamo costruito l’Unione non si è realizzata…”. Alle cinque del pomeriggio – scrive il giornalista, Massimo Giannini -, nel suo ufficio a Montecitorio, Fausto Bertinotti sorseggia un caffè d’orzo, e traccia un bilancio amaro di questo primo anno e mezzo di governo… Mi chiedo – da elettore di centrosinistra – quale futuro può avere l’Unione fintanto imbarcherà  il rivoluzionario in cashmere ed i suoi accoliti. Giornata partita male. ∞

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Rai e Mediaset, un cartello per uccidere la tv pubblica

Il “cartello” Rai-Mediaset Tra Rai e Mediaset esisteva tra il 2004 e 2005 un patto segreto per concordare le strategie comunicative, scambi di informazioni sui palinsesti e accordi sulle linee informative da seguire per i fatti più importanti: dalla morte del papa alle elezioni amministrative (vinte dal Centrosinistra). Il tutto a vantaggio di Silvio Berlusconi, proprietario di Mediaset, leader di Forza Italia e, allora, a capo del Governo.
Lo scenario emerge dalla pubblicazione di Repubblica delle intercettazioni telefoniche effettuate nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della “Hdc”, la holding dell’ex sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi. Il cartello, almeno secondo e conversazioni telefoniche raccolte dalla Guardia di Finanza, vedeva riuniti in una sorta di ragnatela sotterranea Debora Bergamini, ex assistente personale di Berlusconi e, all’epoca, dirigente della Rai, Niccolò Querci, pure lui ex assistente di Berlusconi e, sempre al tempo, numero tre delle televisioni Mediaset, per estendersi ai direttori di Tg1 e Tg5, Clemente J. Mimun e Carlo Rossella, e interessare l’allore direttore generale Flavio Cattaneo, il direttore di Rai1, Fabrizio Del Noce (già parlamentare di Forza Italia) e il conduttore Bruno Vespa (chiamato in causa dai protagonisti di cui sopra).
Se accertati, i fatti confermano una volta di più la necessità di liberare la Rai dai partiti: sono loro, i politici e il loro giro – fatto di dirigenti e giornalisti, raccomandati e incapaci – che lentamente ma inesorabilmente hanno portato la Tv di Stato nelle condizioni in cui versa: sempre meno servizio pubblico, sempre più al servizio… Del più forte, naturalmente. ∞

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Digital divide nelle redazioni

Leggete questo articolo di Repubblica.it a firma di Ernesto Assante: è un minestrone malriuscito di notizie che nella Rete girano da settimane e buono solo per la parte commerciale/pubblicitaria del Gruppo. Forse. Imperdibile il passaggio: “Rispetto ai suoi predecessori l’N81 (Nokia, ndr.) ha una notevole facilità d’uso, e versatile e adattabile alle più diverse esigenze e ‘sexy’ quanto basta per essere gradito anche a chi è in cerca di cellulari con uno stile personale”. Non c’è una notizia nuova o un guizzo di analisi. Il tutto predigerito e servito in tavola con una novità: Natale e i regali. Complimenti. ∞

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Forleo e la giustizia formato tv

Il gip Clementina Forleo Ha ragione Beppe D’Avanzo, nell’editoriale su “Repubblica”, quando scrive – a proposito dei giudici Luigi De Magistris di Reggio Calabria e Clementina Forleo di Milano – che “paragonare quel che accade oggi nella magistratura e, alla magistratura, con quanto è accaduto a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quindici anni fa e, per quel che se ne sa, iperbolico”. Un paragone impossibile. Di Luigi De Magistris, della sua inchiesta, che vede indagati il capo del Governo Romano Prodi e il ministro della Giustizia Clemente Mastella e del tentativo di sottrazione, mi limito ad osservare che lo Stato, con i suoi organi costituzionali, sta lentamente ma, nella forma corretta, mettendo in campo ogni strumento e procedura per valutare la situazione ed evitare colpi di mano. Diverso il caso di Clementina Forleo che ho conosciuto nei quattro anni di cronista di giudiziaria trascorsi a Milano. Su di lei ho un giudizio preciso, ma me lo tengo, perché questa volta non si tratta di esprimere dei idee sulla persona ma di valutare dei fatti. Il giudice milanese ha denunciato di aver subito pressioni da “ambienti istituzionali” per ammorbidire le sue decisioni su casi importanti (Antonveneta-Bnl) e favorire così personaggi influenti e quindi potenti. Un giudice è un pubblico ufficiale e ha l’obbligo di denunciare qualsiasi forma di interferenza con il suo operato. Forleo, quindi, dovrebbe rivelare non in diretta tv ma ai suoi superiori o davanti ad un altro pubblico ufficiale quando ha ricevuto le pressioni e da parte di chi. Insomma, faccia i nomi e i cognomi e, da buon giudice, faccia un passo indietro dalla ribalta delle passerelle televisive. In questo modo otterrebbe due risultati: smascherare chi ha agito in modo illecito, mettendoli nella condizione di non nuocere ulteriormente a lei e all’Italia, e, una volta risolto il caso, poter finalmente fare a meno di quella scorta, oggi ritenuta necessaria proprio per quelle presunte pressioni/minacce, che lei tanto sdegnosamente quanto rumorosamente ha rifiutato. Così Falcone e Borsellino, magistrati autentici e uomini di Stato, evocati dalla stessa Forleo, avrebbero agito. Senza ricorrere a microfoni, telecamere e studi televisivi. ∞

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Repubblica raddoppia

r2.jpg E’ il mio giornale, perché lo leggo da quando è nato 31 anni fa e perché ho avuto la fortuna e l’onore di lavorarci. Repubblica è la mia famiglia, credo di conoscerla eppure riesce sempre a stupirmi. Oggi Rep si rinnova, nella veste grafica, nello sfoglio con la nuova R2 dedicata a inchieste, storie e dossier, e nei contenuti con inchieste , dossier e approfondimenti. Ad occuparsi di R2 è stato chiamato Dario Cresto-Dina, dalla redazione di Milano: un amico prima ancora che un mastino della notizia e del giornalismo. In ogni pagina ci sarà anche, nella testatina, “per saperne di più” con i link ai siti che parlano dell’argomento trattato in pagina. Come sempre, prima di accendere il computer, passerò in edicola a comprare Rep.

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